Paolo Tonini e Oscar Ersego

Paolo Tonini e Oscar Ersego
Quadriportico di Piazza Vittoria, Brescia
1982

Nel 1980 avevo ventanni e rilevai da Oscar Ersego le due bancarelle di libri usati sotto il Quadriportico di Piazza Vittoria a Brescia (architetto Marcello Piacentini, 1934). Oscar fondava nello stesso anno la libreria antiquaria Cavriolo, attualmente gestita dalle figlie Mirella e Carla. Caro indimenticabile amico e maestro. L’accordo era un pagamento in quattro anni sulla parola, io lo saldai in due e ancora oggi porto al collo il suo dono, una catenella d’oro e la piastrina su cui sta inciso a fronte “1980 – 1982” e al retro “Un Amico”.

Il primo conto in banca (inflazione al 10%), i primi scaffali e i primi blocchi di libri furono possibili con l’impiego dei risparmi di mamma Resi e papà Piero. La mia linea era semplice e assai rozza: classici solo classici della letteratura e delle scienze umane, tutto il resto lo consideravo paccottiglia da svendere per due lire. Nel 1982 si aggiunse una terza bancarella e mio fratello Bruno diciottenne iniziò a lavorare con me gestendo da solo la sezione di libri d’arte

Piero Tonini

Papà Piero

La strada ci insegnò diverse cose, non ne ho nostalgia o forse sì, ma è un’atmosfera di città che si sveglia, brioche e cappuccino, belle ragazze, scoppiati di ogni genere, anziani dalle sette vite. Le bancarelle erano qualcosa di libero e di randagio, di strano e di insopportabilmente elegante da vivere.

Quegli anni Ottanta di lusso inflazione e ripresa economica li abbiamo passati in un sogno a metà, dove ogni giorno era un incontro, un’avventura di cui i libri erano il viatico e il pretesto. Nel 1987 papà ci lascia.”Ciao ragazzi io vado vi voglio tanto bene” le sue ultime parole. Papà che ci aveva visto scalmanati come pochi, tanti pensieri e preoccupazioni, ma che di noi era tanto orgoglioso (la sua ombra sulla porta la notte ad accarezzare in silenzio noi bambini). Per lui, da poco in pensione, era un piacere lavorare alle bancarelle, conosceva tutti e tutti amavano la sua allegria, così lieve che cercando di chiuderla in un ricordo si alza e si allontana ancora piuma in una brezza.

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L’Arengario S.B.
Catalogo n. 1

Bruno sposa Sandra nel 1988. Nel 1989 mi laureo e nel 1990 pubblichiamo il catalogo L’Arengario n. 1, da cui il nome della ditta. L’Arengario era lo spiazzo elevato antistante il quadriportico di Piazza Vittoria.

La sezione davvero speciale era quella dei libri d’arte: Bruno l’aveva preparata acquistando una biblioteca privata a una cifra per me astronomica, ma scommisi sulla sua competenza di studioso di storia dell’arte e sul fatto che l’arte, per quanto riguarda il mercato librario, l’aveva imparata da due maestri librai romani: Maresca e Muratori.
Da allora per qualche anno i pezzi più rari e raffinati corsero sull’asse Roma – Brescia. Il logo, un muro sbrecciato da cui compare una mezzaluna, dice a sufficienza di noi allora.

La nostra sede ufficiale era Via Franzinetti n. 7 a Brescia, dove abitavo. I libri d’arte si trovavano da Bruno e Sandra, in via San Faustino. Il lavoro per corrispondenza non è semplice, richiede un’organizzazione capillare per non trasformarsi in caos. Tutta la famiglia partecipò alla buona riuscita: mamma Resi per due anni trasformò il suo salotto in un ufficio esposizione magazzino, nostra sorella Elena fra un esame e l’altro impacchettava cataloghi, spostava libri e Sandra lasciava definitivamente il suo lavoro per dedicarsi all’amministrazione dell’Arengario.

Intanto le bancarelle venivano gestite di volta in volta da giovani che speravamo avviare alla professione libraria: abbiamo conosciuto ragazzi assolutamente onesti, volonterosi e intelligenti ma incapaci di assumersi la responsabilità di lavorare in proprio.
Solo nel 1996 un vecchio amico classe 1958, professione barman, che fino a quel momento nulla sapeva del mondo dei libri, mi chiese di cedergli le bancarelle con questa inoppugnabile motivazione: “Voglio cambiare vita”.
Mi persuase il fatto che mentre non tutti i folli sono librai, un libraio lo è sempre almeno un po’, e da questo punto di vista quella risposta, come tutta la vita del mio amico Pierluigi, erano una garanzia. In quattro anni pagò il dovuto e le bancarelle, pulite, ordinate e stracolme di libri, resistono ancora sotto il Quadriportico di Piazza Vittoria a Brescia.

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Bruno e Paolo con Giovanni Spadolini alla seconda Mostra del Libro Antico, Milano, Palazzo della Permanente, 1991

Nel 1991 partecipiamo alla seconda edizione della Mostra del Libro Antico alla Permanente di Milano, e scopriamo un mondo dove si fondono in una atmosfera ovattata collezionismo e ossessione, passione e opulenza, volgarità ed eleganza.
Ognuno pensi quel che vuole, ma senza quel mondo quanti tesori della nostra civiltà cartacea e pergamenata sarebbero andati perduti.

Con il catalogo n. 5, dell’ottobre 1991, cambia il tipografo e compaiono le illustrazioni in bianco e nero. Cambia sostanzialmente anche il contenuto: rimangono i libri d’arte ma il resto sono edizioni originali del Novecento, fra cui una nutrita sezione di futurismo, sotto l’influenza di un celebre catalogo apri-pista del collezionismo novecentesco e antesignano delle mostre documentarie: Letteratura artistica di Maurizio Fagiolo dell’Arco. Maurizio è mancato proprio quest’anno e da molto non lo sentivamo. Una Sirena libraria rapita, pastello di Bonichi nipote di Scipione, fu il suo dono per il mio matrimonio, due anni dopo.

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Lo studio di Gussago nel 1993

Nel 1992 ci trasferiamo a Gussago, nella sede attuale. Finalmente uno studio come si deve, finalmente torna disponibile per le visite degli ospiti il salotto di mamma Resi. I libri sono riuniti tutti insieme, c’è anche un piccolo magazzino, alle pareti possiamo appendere disegni, foto, manifesti.
C’è anche una cameretta per gli ospiti. La città e i laghi a due passi, a uno le colline della Franciacorta. Cosa potevamo desiderare di più? Però lavoravamo anche di notte, anche nel sonno perché i sogni riguardavano i libri: dove trovarli, come schedarli, come disporli in liste e cataloghi, altro che totocalcio ed enalotto, erano sogni di meravigliose biblioteche aquistate per due lire e all’alba il gusto un po’ amaro di cose perdute. Non solo per passione: c’erano gravosi impegni economici da onorare. E sono stati onorati.

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Astrattismi, 1993. Copertina di Piero Dorazio

Il catalogo n. 7, ottobre 1992, con le pagine di vari colori era piaciuto moltissimo a Dino Prandi: gli avevamo fatto visita a Reggio Emilia verso la fine dell’anno per acquistare cataloghi di mostre e libri astrattisti. Cose che sarebbero confluite nel primo catalogo monografico, del marzo 1993 e fuori numerazione, Astrattismi, formato A4 oblungo, illustrato a colori, con una avvincente introduzione di Fagiolo intitolata 12 stazioni di una grande illusione europea del XX secolo e la copertina di Piero Dorazio. Dorazio ci spedì due acquarelli e scegliere non fu facile come può constatare chi li ha visti nel nostro studio.

Un mese dopo sposo Monica e non ci sarà un altro amore.

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Catalogo n. 13, 1993

Alla fine del 1993 decidevamo di autostoricizzarci con il catalogo n. 13. In copertina una fotografia seppiata che pare degli anni Trenta con due energumeni appoggiati a un albero e due cassette di libri in mano: sono dei postulanti? Evasi da un manicomio criminale? Artisti concettuali? O più semplicemente due viados? Eravamo Bruno ed io influenzati dall’arte contemporanea (io sono quello a sinistra, col cappello a tesa larga). Col catalogo 14 del febbraio 1994 rincaravamo la dose: le stesse due figure ma sospese nella pagina con al centro un riquadro e questi versi “Abbiamo solo / sfogliato libri / ed ora / voliamo / come gli angeli”. I versi sono di Alessandro Chierici – pronipote del pittore Gaetano – che da anni non vedo più né so che faccia e dove sia, ma lo penso con affetto perché fra le altre cose mi ha fatto conoscere la poesia di Alda Merini.

Nell’ottobre 1994 decidevamo di avviare una nuova serie di cataloghi che intitolammo Libri&Libri: in quei cataloghi confluivano i libri meno costosi (ma non per questo meno significativi). Era un modo per non perdere contatto con il grosso pubblico, quei bibliofili che costruivano la propria biblioteca o la propria collezione con oculatezza dovendo spesso fare i conti con modeste possibilità economiche. Fra quei bibliofili quanti amici e quanti straordinari personaggi, menti brillanti, persone a cui saremo sempre affezionati e intellettualmente debitori. Ne pubblicammo 15 e l’ultimo è del novembre 2000. Il web aveva già da qualche tempo preso il posto di Libri&Libri.

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L’Arengario S.B., Futurismo, 1994

Alla fine del 1994, fuori numerazione, pubblicavamo un catalogo prezioso di 132 titoli sciolti, Libri e parole, con un testo di Maurizio Scudiero su Depero parolibero, tipografo e illustratore e una tavola parolibera inedita di Depero in copertina, e nel marzo del 1995, fuori numerazione anche questo, usciva il nostro primo catalogo di futurismo, 204 pezzi prefati ancora da Scudiero, Perché collezionare libri futuristi?

Il catalogo n. 19, dell’ottobre del 1995, Novecento artistico e letterario, è dedicato a una parte della biblioteca di Libero de Libero, di cui scrisse Giampiero Mughini nel n. 29 di Panorama del 27 luglio 1995 (Libero degg’io volteggiar di libro in libro…). Da allora De Libero è una figura importante del Novecento italiano non esclusivamente per gli studiosi e i collezionisti. Il grosso della sua biblioteca confluì in Realismi, del marzo 1996 e fuori numerazione. Il titolo riecheggiava – ancora – un’idea di Maurizio Fagiolo: doveva essere il seguito e l’altra faccia di Astrattismi. Ma l’introduzione la scrisse Giampiero che si prese Bitti: la morte del pettirosso, l’introvabile Bitti di Savinio, e lo portò con sé in treno a differenza degli altri che come al solito gli avremmo spedito, perché aveva paura la maniacale paura del collezionista che il colpo di dadi non abolisca il caso e il libro agognato sparisca.

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Nel 1997 inauguriamo le Edizioni dell’Arengario con un volumetto in 160 esemplari curato da Bruno, Poesia italiana del ‘900. Una collezione di circa 1200 opere. E’ una sorta di vademecum per gli amici e i clienti, con molti errori ma indispensabile in un momento in cui tutti offrivano e cercavano i poeti italiani del ‘900.

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L’Arengario S.B., Vinicio Paladini futurista immaginista, 1997

Il nostro libretto per quanto sommario aiutava a orientarsi. Stava in una tasca, era facile da maneggiare e consultare, l’ideale per chi era in viaggio o frequentava assatanato mostre mercati mercatini.

Del marzo 1997, sempre fuori numerazione, è il catalogo Vinicio Paladini futurista immaginista. Un percorso tra le culture dell’avanguardia: metafisica dada costruttivismo surrealismo astrattismo. Testi di Pablo Echaurren, Giampiero Mughini, Luigi Olivetti, Paolo Sanzin, Maurizio Scudiero e Riccardo Sozio, una rimpatriata di amici e collezionisti. Pubblicato il catalogo smisi di fumare e tuttora resisto.

Il catalogo n. 26 del novembre 1997, Futurismo, rimane il più ampio da noi pubblicato sull’argomento: 630 pezzi, fra cui molti documenti, secondo solo al mitico catalogo n. 100 di Salimbeni del lontano 1991.

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L’Arengario S.B., Catalogo n. 26 – Futurismo, 1997

Prefazione di Claudia Salaris: “Cinque come le dita di una mano sono le strade del collezionismo…” è l’incipit.

Del dicembre dello stesso anno è il catalogo n. 27, costituito da una collezione di libri del Novecento di proprietà di un noto bibliofilo e per saperne il nome bisognava acquistare un Mardersteig del 1953 con dedica ad personam.

Nel 1998 pubblichiamo l’Autobiografia del “pittore di Radetzky” Angelo Inganni, un manoscritto inedito, redatto poco prima di morire nel 1880, proprio a Gussago, sul colle della Santissima. L’avevamo acquistato da quel grande studioso libraio ed esperto di storia dell’anarchismo che è stato Pier Carlo Masini.

Dell’aprile 1998 è il catalogo n. 29 Fotografia italiana del ‘900, il primo che ne avesse mai trattato diffusamente, con un testo di Giampiero Mughini che di fotografia s’era da tempo ammalato.

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L’Arengario S.B., Fotografia italiana del ‘900, 1998

 

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L’Arengario S.B., Libri per un libertino moderno, 1999

Sempre lui è il prefatore nel marzo 1999 del catalogo n. 35 Libri per un libertino moderno, un’altra novità nel panorama bibliofilo italiano, un’altra malattia da condividere. La lettera di “D.A.F. de S***” che l’accompagna non è mia come qualcuno ha azzardato ma un collage di lettere di Sade. Io ne sono solo l’incollatore. Mio è invece il collage elettronico offerto in dono per l’occasione a dieci amici, una bellissima donna che si copre con il nostro catalogo libertino.

Contemporaneamente pubblicavamo fuori numerazione Libri di Sport dal 1552 agli anni ’50, un’idea di Bruno, prefazione di Giorgio Tosatti, recensito approfonditamente dalla Gazzetta dello Sport con un servizio di Daniele Bresciani.

A giugno pubblicavamo le Lettere a Mario Cerroni di Libero de Libero, un breve affascinante carteggio di 8 lettere tra il 1951 e il 1952. Anche questo libretto era in fondo un manuale, più utile a capire la poesia che una montagna di trattati di poetica, nel contrasto fra l’umanità schiva e disperata di De Libero e l’arrivismo un po’ fatuo di un giovane desideroso di emergere.

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Nel frattempo nasce il piccolo Valentino di cui naturalmente sono lo zio preferito. Valentino ora ha tre anni e prima di addormentarsi deve sfogliare un libro. Chissà perché…

Del marzo 2000, fuori numerazione, è il catalogo Vent’anni di controcultura fra America e Italia. Dalla Beat Generation al Movimento ’77, una provocazione e un pretesto per pubblicare la lettera che gli è premessa. Del settembre 2001, sempre fuori numerazione, Futurismo, ancora con un testo di Claudia Salaris, 433 schede e molte illustrazioni a colori.

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La mia bimba Emma è nata questo marzo 2002, dopo 49 cataloghi dell’Arengario + 15 Libri&Libri + un numero imprecisato di liste e listine e i vari cataloghi monografici fuori numerazione sopra descritti. Infine questo cinquantesimo Enologia e viticoltura in Italia dal XVI al XX secolo, frutto di memorabili degustazioni e ricerche disumane.

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L’Arengario S.B., Enologia e viticultura in Italia dal XVI al XX secolo, 2002

Chi ce l’ha fatto fare di pubblicare tanti cataloghi? I libri belli si possono, per qualcuno si devono, vendere lo stesso. L’unica cosa di cui si dichiarava amaramente pentito quel celebre e raffinato libraio antiquario che fu Alberto Chiesa era di aver pubblicato UN catalogo. Avesse potuto tornare indietro non avrebbe pubblicato neanche quello.
Ma noi ci siamo divertiti e tanto basta. Quei cataloghi e quelle edizioni rispecchiano nostre fisse e passioni, uno stile, il nostro modo di fare le cose.
La nostra storia coincide con quelli, è ormai una storia pubblica – o pubblicata.

Paolo Tonini, 21.09.2002