ORTOLANI Franco
La festa del Parco Lambro. Libro Fotografico di Franco Ortolani. Introduzione di Marisa Rusconi
Luogo: Padova
Editore: Mastrogiacomo Editore Images 70
Stampatore: Grafiche Linep - Padova
Anno: 1978 (marzo)
Legatura: brossura
Dimensioni: 22x22 cm.
Pagine: pp. 96
Descrizione: copertina illustrata con una immagine fotografica virata in verde su fondo nero. Volume interamente illustrato con fotografie in bianco e nero su carte di diverso colore che documentano la VI Festa del Proletariato Giovanile (Milano, Parco Lambro, 26-29 giugno 1976). Prima edizione.
Bibliografia: N. D.
Prezzo: € 250ORDINA / ORDER
“L’«isola felice» trasformata in campo di guerriglia, con i candelotti lacrimogeni che volano in mezzo agli alberi e la minaccia di un’ irruzione della polizia per fare sgomberare il Parco; gli espropri proletari al più vicino supermercato e l’assalto al camion frigorifero della Motta; l’aggressività che si è espressa in tanti modi: contro gli organizzatori; contro i cantanti; contro i polli (usati per sfamarsi, ma anche per giocare a foot-ball); contro gli omosessuali il cui stand viene distrutto; contro le femministe, che però si sono difese benissimo, a colpi di chitarra; contro gli spacciatori di eroina, ma anche contro gli stessi eroinomani” (dall'introduzione di Marisa Rusconi, pag. 10).
"Siamo tutti andati al Lambro cercando negli altri e nella festa qualcosa di indefinito e di migliore che ancora però non ci appartiene e ci siamo trovati davanti la realtà così com’è. Ci si è resi conto che lo stare male individuale è in realtà una condizione tragicamente collettiva. Il Parco Lambro è stato lo specchio fedele della realtà giovanile di classe: solitudine, violenza, miseria materiale moltiplicata per 100.000 giovani, questo ha socializzato la festa. Avevamo da comunicare solitudine e violenza e questo si è comunicato” (AA.VV., «Sarà un risotto che vi seppellirà», Milano, Squilibri, 1977; pp. 71-72).
“Su Parco Lambro è demenziale (come fa «Rosso» suppl. luglio) fare del trionfalismo: si espropriano gli stands dei compagni, ma fra gli espropriatori c’è chi distrugge il banchetto dei gay del COM, chi aggredisce le donne e durante la notte organizza gruppi che gridano uomini del Lambro carica! L’aggressività dell’impotenza si misura con l’impotenza di questa aggressività e tutte le tensioni si scaricano sul ghetto, dove l’esproprio è sostituito dal suo spettacolo. Nel frattempo altri si chiudono in tenda a spinellare lamentandosi perché loro «sono venuti qua a ristabilire l’unità dell’anima col corpo, e invece anche qua c’è la violenza». Tutta la merda, la miseria, l’impotenza costruisce qui la sua ideologia; il movimento delle separazioni finisce nella separatezza degli isolamenti oppure nello scatenamento dell’aggressività. E il resto del mondo? Tutto ciò che sta fuori dal ghetto? I nuovi riformisti hanno cercato di presentarci questo rapporto in forma di elezioni coi bei risultati che sappiamo; hanno aiutato a costruire il recinto del ghetto ed annegato il movimento nel totalitarismo della politica” (Anonimo, «Riprendere Marx in mano contro l’ideologia...» A/TRAVERSO, Luglio 1976, pag. 2).
"Siamo tutti andati al Lambro cercando negli altri e nella festa qualcosa di indefinito e di migliore che ancora però non ci appartiene e ci siamo trovati davanti la realtà così com’è. Ci si è resi conto che lo stare male individuale è in realtà una condizione tragicamente collettiva. Il Parco Lambro è stato lo specchio fedele della realtà giovanile di classe: solitudine, violenza, miseria materiale moltiplicata per 100.000 giovani, questo ha socializzato la festa. Avevamo da comunicare solitudine e violenza e questo si è comunicato” (AA.VV., «Sarà un risotto che vi seppellirà», Milano, Squilibri, 1977; pp. 71-72).
“Su Parco Lambro è demenziale (come fa «Rosso» suppl. luglio) fare del trionfalismo: si espropriano gli stands dei compagni, ma fra gli espropriatori c’è chi distrugge il banchetto dei gay del COM, chi aggredisce le donne e durante la notte organizza gruppi che gridano uomini del Lambro carica! L’aggressività dell’impotenza si misura con l’impotenza di questa aggressività e tutte le tensioni si scaricano sul ghetto, dove l’esproprio è sostituito dal suo spettacolo. Nel frattempo altri si chiudono in tenda a spinellare lamentandosi perché loro «sono venuti qua a ristabilire l’unità dell’anima col corpo, e invece anche qua c’è la violenza». Tutta la merda, la miseria, l’impotenza costruisce qui la sua ideologia; il movimento delle separazioni finisce nella separatezza degli isolamenti oppure nello scatenamento dell’aggressività. E il resto del mondo? Tutto ciò che sta fuori dal ghetto? I nuovi riformisti hanno cercato di presentarci questo rapporto in forma di elezioni coi bei risultati che sappiamo; hanno aiutato a costruire il recinto del ghetto ed annegato il movimento nel totalitarismo della politica” (Anonimo, «Riprendere Marx in mano contro l’ideologia...» A/TRAVERSO, Luglio 1976, pag. 2).