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Giampiero Mughini

Anche se erano i due satanici Tonini dell’Arengario a incassare e quelli come me a pagare, accidenti se è stata una bella avventura. Quella che ha coinvolto alcuni librai della nuova generazione e quel drappello di collezionisti che una ventina d’anni fa – anno più anno meno – presero a cercare i cimeli della storia letteraria italiana del Novecento.

Una storia in cui loro librai e noi collezionisti siamo stati più spesso alleati che non oppositori frontali. Loro avevano il merito di scavare, di frugare, di riportare alla luce tesori dimenticatissimi. Noi avevamo la passione, talvolta la tossicodipendenza, di che pagare prezzi che esplosero nello spazio di pochi anni.

Qualcuno di voi li ricorda i prezzi del meglio delle prime edizioni di letteratura italiana ancora all’inizio degli anni Ottanta? A Roma faceva testo un bellissimo catalogo approntato da Gildo Maresca che era  andato in casa degli eredi dell’ex ministro fascista Giuseppe Bottai e s’era portato via la sua biblioteca, una biblioteca che sino a quel momento avevano visto alcuni librai della vecchia generazione e nessuno aveva voluto.

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Anton Giulio Bragaglia, Fotodinamismo futurista, 1913

Sapete qual era il pezzo più costoso di quel catalogo? La prima e rarissima edizione del Fotodinamismo futurista dei Bragaglia, quotato non ricordo più se 60 o 55mila lire. Tanto che quello che oggi è il più grande collezionista italiano di libri e materiali futuristi, il pittore romano Pablo Echaurren, non se la sentì di arrivare a quel picco e ne comprò la terza edizione, che costava 5 o 10mila lire di meno. Era il 1980.

A quel punto irruppe la nuova generazione di librai. Andrea Tomasetig a Milano. Bruno e Paolo Tonini a Brescia. Marco Dall’Occa e Giorgio Mosci a Bologna. Arrivavano i loro cataloghi e a ciascuno di noi succedeva quel che mi disse una volta il professor Luigi Firpo, che non esiste emozione al mondo paragonabile a quella di un collezionista che sta sfogliando un catalogo di libri d’antiquariato.

D’aver conosciuto i Tonini lo devo all’indimenticabile Maurizio Fagiolo dell’Arco, uno che aveva cominciato a collezionare i libri futuristi addirittura all’alba dei Settanta. Sarebbe stato Maurizio l’artefice di un indimenticabile catalogo dell’Arengario, Astrattismi, pubblicato una quindicina d’anni fa.


Dopo ne vennero molti altri, un catalogo di libri di fotografia (ahimè apprezzato sì e no in un Paese troglodita in fatto di cultura fotografica com’è l’Italia), un catalogo dedicato ai beat americani, un catalogo d’erotica (non eccezionale). Mentre eccezionale, da un punto di vista bibliofilo e soprattutto di vita culturale, era il catalogo che riuniva la biblioteca di Libero De Libero, una figura minore ma cruciale della cultura italiana tra anni Trenta e primi Cinquanta.

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L’Arengario S.B., Astrattismi, 1993
Copertina di Piero Dorazio

 
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L’Arengario S.B., Realismi, 1996

Un catalogo che raccontava come giorno per giorno i rapporti tra i letterati italiani di questi anni, e quali scrittori De Libero avesse prediletto e quali no, e quasi il sapore di quelle passeggiate che De Libero e i suoi amici facevano da Palazzo Pecci-Blunt sino a una birreria austriaca dalle parti di Piazza SS. Apostoli dove andavano a mangiare e a ridere. Quante cose contiene un catalogo di libri antiquari.

Giampiero Mughini (2004)