VACCARI Franco
(Modena 1936)
Franco Vaccari - Esposizione in tempo reale n° 21. Bar Code - Code Bar [invito / attestato di partecipazione]
Luogo: Venezia
Editore: XLV Biennale di Venezia
Stampatore: senza indicazione dello stampatore
Anno: 1993 [giugno]
Legatura: grande cartolina postale stampata al recto e al verso
Dimensioni: 16x25,3 cm.
Pagine: N. D.
Descrizione: un piccolo ritratto fotografico di Silvia Baraldini e una immagine fotografica a colori al recto, una riproduzione di codice a barre in bianco e nero al verso. La cartolina è preintestata per l'invio al «Signor Ambasciatore - Ambasciata degli USA Via V. Veneto 119/A - 00187 Roma». Esemplare numerato con timbro accanto alla firma autografa di Franco Vaccari. A fronte è stampata la seguente richiesta in italiano e traduzione in inglese: "Adesso che la giustizia è stata fatta chiediamo di renderla più completa con la grazia: «Fate tornare in Italia Silvia Baraldini». Invito/attestato di partecipazione originale alla mostra (Biennale di Venezia, 14 giugno - 10 ottobre del 1993).
Bibliografia: N. D.
Prezzo: € 150ORDINA / ORDER
"Silvia Baraldini, 46 anni, vive dai primi anni Sessanta negli Stati Uniti. Legata ad organizzazioni di estrema sinistra, è stata arrestata nel 1982, con l'accusa di complicità nell'evasione della rivoluzionaria nera Joanne Chesimard, scappata a Cuba. Si è dichiarata subito «prigioniera politica» e dal momento dell'arresto non ha mai voluto collaborare con le autorità americane. Il tribunale ha applicato al suo caso la legge Rico, quella nata per combattere la mafia: basta far parte di una associazione a delinquere per essere corresponsabili dei suoi reati più gravi. Pur non avendo ucciso nessuno e nemmeno sparato, Silvia Baraldini è stata condannata a quarant'anni di prigione, più tre per oltraggio alla corte. Gli Stati Uniti hanno sempre negato l'estradizione sostenendo che la legge italiana è troppo permissiva, anche nei confronti dei terroristi. Se la Baraldini avesse dichiarato che le proprie azioni avevano anche una dimensione estetica, invece che in cercere, sarebbe finita su ARTFORUM" (Franco Vaccari, «Esposizione in tempo reale n. 21. Bar Code / Code Bar», MIlano, Archivio di Nuova Scrittura, 1994).
Nonostante l'impegno di intellettuali di tutto il mondo e delle organizzazioni umanitarie Silvia Baraldini venne estradata solamente nel 1999. Dopo alcuni anni di arresti domiciliari fu scarcerata il 26 settembre 2006 per effetto dell'indulto. L'opera di Vaccari alla Biennale riproduceva l'ambiente ovattato di un bar. Sulle pareti veniva proiettato il ritratto fotografico di Silvia Baraldini mentre era in funzione una macchina distributrice automatica di bibite e caffè. I visitatori potevano transitare guardando le proiezioni sulle pareti come anche sedersi ai tavoli per una pausa o per bere.
"«Bar Code / Code Bar» si presenta come un luogo occasionale di incontro, un bar appunto con tanto di tavolini, di abat-jour, di distributore automatico di caffè, godibile dal pubblico come uno dei «passage» parigini di fine secolo. (...) Facendo qui interagire la grafica perversa del codice a barre con il ritratto di un'esponente sociale l'artista prefigura concettualmente la condizione della «realtà virtuale»" (Viana Corti, in: Franco Vaccari, «Esposizione in tempo reale n. 21. Bar Code / Code Bar», MIlano, Archivio di Nuova Scrittura, 1994).
Nonostante l'impegno di intellettuali di tutto il mondo e delle organizzazioni umanitarie Silvia Baraldini venne estradata solamente nel 1999. Dopo alcuni anni di arresti domiciliari fu scarcerata il 26 settembre 2006 per effetto dell'indulto. L'opera di Vaccari alla Biennale riproduceva l'ambiente ovattato di un bar. Sulle pareti veniva proiettato il ritratto fotografico di Silvia Baraldini mentre era in funzione una macchina distributrice automatica di bibite e caffè. I visitatori potevano transitare guardando le proiezioni sulle pareti come anche sedersi ai tavoli per una pausa o per bere.
"«Bar Code / Code Bar» si presenta come un luogo occasionale di incontro, un bar appunto con tanto di tavolini, di abat-jour, di distributore automatico di caffè, godibile dal pubblico come uno dei «passage» parigini di fine secolo. (...) Facendo qui interagire la grafica perversa del codice a barre con il ritratto di un'esponente sociale l'artista prefigura concettualmente la condizione della «realtà virtuale»" (Viana Corti, in: Franco Vaccari, «Esposizione in tempo reale n. 21. Bar Code / Code Bar», MIlano, Archivio di Nuova Scrittura, 1994).