E.B.: Senza cinema, senza scrivere, che cosa le sarebbe piaciuto diventare?
P.P.P.: Un bravo calciatore. Dopo la letteratura e l’eros, per me il football è uno dei grandi piaceri.
(«Enzo Biagi intervista Pier Paolo Pasolini», LA STAMPA, 4 gennaio 1973).
«In Italia c’è un’eredità nobile nel rapporto tra poesia, letteratura e calcio. Penso ad uno come Pasolini. Non c’è niente che spieghi Pasolini quanto il suo modo di giocare a pallone. Io l’ho conosciuto a Roma, a Porta Portese, su un campo il cui fondo era di carbon fossile» (Intervista di Lorenzo D’Alò ad Adriano Sofri).
Pasolini quando da giovane giocava a pallone lo chiamavano “Stukas” e quei giorni li ricordava come i più belli della sua vita. Era un’ala destra (allora non esistevano gli “esterni”), e non smise mai di frequentare i campetti di tutte le periferie, anche quando fondò nel 1968 la nazionale “Attori e Cantanti” di cui fu capitano. In origine quella squadra era composta da Pasolini, Ninetto Davoli, Franco Citti, Franco Nero, Ugo Tognazzi, Enrico Montesano, Sergio Leonardi, Little Tony, Enzo Cerusico, Philippe Leroi, Max Dean, Antonio Sabato, Tony Santagata, Giorgio Bracardi, Gianni Nazzaro, Maurizio Merli, Stelvio Cipriani. Allora lo scopo era divertirsi fra amici ma lui a perdere non ci stava affatto, come quando durante la lavorazione di Salò o Le centoventi giornate di Sodoma, nella primavera del 1975, ci fu la sfida contro la troupe di Novecento di Bernardo Bertolucci. Finì 5 – 2 per Novecento, con Pasolini che abbandonò il campo perché i suoi non gli passavano la palla: si incazzava di brutto a differenza di Ninetto Davoli che rideva sempre.
E a ripensare a tutti quegli intellettuali che il calcio lo amavano spudoratamente, da Umberto Saba a Vittorio Sereni a Carmelo Bene (ma il primo fu Marinetti che si vantava di essere un campione ancora all’epoca del collegio in Alessandria d’Egitto, intorno al 1890), viene da chiedersi che c’è di tanto interessante nel correre dietro a una palla, come ci si può divertire per un business così scandaloso per soldi, imbrogli, scommesse, immagine. La risposta è molto semplice e l’ha data proprio Pasolini: il calcio è prima di tutto un linguaggio, coi suoi “podemi” al posto dei “fonemi”, la sua prosa e la sua poesia, che si esprime in un vero e proprio discorso drammatico (l’insieme dei passaggi soggetti a infinite combinazioni) secondo la rigida sintassi della partita. Se non conosci il codice non puoi decifrare il discorso, e non bastano i piedi anche buonissimi a creare bellezza, ci vuole la mente: un giocatore lo vedi dal coraggio dall’altruismo e dalla fantasia, cantava Francesco De Gregori:
I campi di periferia come quelli nella foto di Garolla li conosco bene, c’erano anche nella prima metà degli anni Settanta: erano rare le scuole di calcio, la scuola calcio era la strada, quei campi fra le case, erbacce, sterrati, montagnelle, asfalto, odore di smog e di concime. Le porte erano segnate da due sassi e sempre poi si discuteva se la palla era passata sopra o accanto; non sempre avevi scarpini da calcio, una maglia, una tuta, molto spesso eri vestito normalmente e ti toglievi il cappotto o la giacca. proprio come Pasolini nella foto. Imparavi a fare i tunnel, a scartare, a palleggiare, a fare a botte, nessuno sembrava insegnare ma in realtà imparavi da tutti. E la voce di tua mamma o del papà ti richiamavano sgolandosi per l’ora di cena. Sì anch’io se non mi fosse capitato di vendere libri avrei voluto diventare un buon calciatore.
Comunque a calcio ci gioco ancora.
«Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro»
Pier Paolo Pasolini
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Bella entrata, caro amico. Tutti quelli che amiamo a PPP sfruttiamo della sua passione per il calcio. Sono un romanista spagnolo, ma anche… un po’ di Bologna, come il Maestro,
Grazie, un caro saluto da Málaga,
Antonio J. Quesada
pd: anche il grande Manuel Vázquez Montalbán ha scritto inteligenti riflessioni supra calcio…
Grazie Antonio per il commento, un abbraccio
Paolo