Tano l’ho conosciuto nel 2007. Bruno e io avevamo pubblicato in marzo Dopo Marx aprile, il catalogo sul Movimento ’77 e più o meno in quel periodo RAI 3 voleva attuare una serie di 12 puntate sullo stesso argomento. Il programma prevedeva l’invito di vari protagonisti dall’allora ministro Francesco Cossiga a Franco Berardi (Bifo) a Pablo Echaurren e altri. Conduttore avrebbe dovuto essere Claudio Sabelli Fioretti insieme a Tano D’Amico. Volevano delle immagini da pubblicare come sfondo e io chiesi in cambio il numero di telefono di Tano. Desideravo conoscere Tano non per le sue foto ma per le parole che aveva scritto sul Movimento, queste in particolare:
“Quando un omosessuale bandiva una festa, cioè invitava tutti quanti, cinquantamila persone, sessantamila persone, ad una festa sui prati di Montalto di Castro, ad esempio, si andava tutti e c’era spazio per tutti, ma non solo per i giovani e per i belli. C’era spazio anche per i portatori di handicap, perché c’erano in mezzo a noi quelli che lavoravano con i portatori di handicap, e non erano assenteisti, quindi se li portavano, e c’erano insegnanti che portavano con sé i bambini, e c’era spazio per tutti, per i giovani, per i belli, per i brutti, per i portatori di handicap, c’era spazio per i pazzi, per i malati di mente. E secondo me solo nei periodi alti della civiltà esistono delle feste per tutti. Ecco, se tu ci fai caso, anche nella letteratura è raro trovare, sì, forse nella Comune di Parigi, ma soltanto nei periodi alti della civiltà è possibile trovare delle feste così, in cui c’è spazio per tutti…” (Tano D’Amico, in: Claudio del Bello, Una sparatoria tranquilla, Roma, Odradek, 1997; pag. 39).
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Perché secondo me lui si era messo a fare fotografie non bastandogli più le parole per esprimere i propri pensieri. Uno scrittore prestato alla fotografia insomma. La trasmissione poi si fece ma senza Tano. Ci incontrammo nella stazione di Brescia e cominciammo subito a parlare delle immagini e delle parole, di storie sue e mie in felice confusione. E comunque lui proprio non se l’era sentita di partecipare a quella trasmissione di RAI 3, che poi celebrò il teorema della creatività del movimento contaminata dalle pistole degli autonomi.
Da quel momento diventai il mercante delle foto di Tano. Non è che comprare e vendere sia meno alto del sentimento dell’amicizia. E’ che l’amicizia rende tutto più gentile e lieve, e non importa quanto si è lontani.
.Dopo quell’incontro qualcosa nella mia vita è cambiato. Non solo il modo di considerare le immagini ma di cercare nelle immagini come nelle parole e nei fatti la cosa essenziale per noi che è la verità: “La verità non c’è in natura, si fa. La verità è la più bella creazione dell’uomo” diceva Tano – e dentro c’è l’altra metà del pensiero filosofico occidentale. La verità si fa non si dice, come l’amore. C’è qualcosa di più per cui valga la pena?
In questo lungo filmato c’è tutto. Buon ascolto.