MULAS Ugo
(Pozzolengo, Brescia 1928 - Milano 1973)
Mio carissimo Mario, cosa dirai…
Luogo: Pozzolengo, Brescia
Editore: N. D.
Stampatore: N. D.
Anno: s.d. [1954/1955]
Legatura: foglio compilato al recto e al verso, 67 righe
Dimensioni: 29,5x21 cm.
Pagine: N. D.
Descrizione: lettera autografa firmata e datata, indirizzata a Mario Cerroni.
Bibliografia: N. D.
Prezzo: € 600ORDINA / ORDER
La datazione si evince dal contesto della lettera, che riguarda la fondazione di una nuova rivista: si tratta certamente della rivista «Situazione» che uscirà a Udine nel 1955 ad opera di Mario Cerroni e Domenico Cadoresi. La lettera precede questa pubblicazione riferendosi alla polemica in corso fra il "gruppo torinese" e quello friulano di Cerroni e Cadoresi in seno alla rivista «Momenti». Proprio in seguito a queste polemiche, «Momenti» cesserà le pubblicazioni col n. 18 del maggio/giugno 1954. Mulas scatta le sue prime foto nel 1953 al Bar Jamaica di Milano, ma come la lettera mette in evidenza, nel periodo fra il 1954 e il 1955 è la scrittura l'attività che più lo interessa.
Testo: "Mio carissimo Mario, cosa dirai del mio lungo silenzio? Ho ricevuto la tua lettera e il "programma". Domani ti spedirò le copie dattiloscritte. Non sono un abile dattilografo e ho dovuto ricorrere a una mia amica, ho atteso a scriverti e anche per quelle 500 £ che non riesco a mettere insieme. Abbi pazienza! Sono entusiasta delle vostre decisioni. Ne ho parlato alla Stipi ed anch'essa ne è rimasta molto colpita. Sono felice di essere stato a Udine e di aver contribuito a chiarire alcune idee che sono nel programma. Ma soprattutto sono felice di aver respirato la tua aria, di essermi sentito dalla tua parte e di averti sentito dalla mia. Credevo di essere solo. Anche di Cadoresi conservo un ricordo vivissimo. Sono certo che potreste fare molto di più se la rivista fosse in vostre mani. I torinesi mi sembrano più formali, più freddi; respirano aria di vecchie glorie sono, come dire, schiacciati da Gobetti e Gramsci. Difficile fare una rivista dopo quei precedenti. Voi avete questo vantaggio: di lavorare su terra vergine, di non essere circondati da vecchi salotti. Bisogna fare una rivista e si farà. Voi la farete. Perché la rivista non c'è e tutti sentono che questo è il momento. Coraggio ci vuole. Bisogna partire con almeno tre o quattro numeri pronti, almeno nelle cose basilari. Per non farci venire il fiato grosso. Bisogna anche sentirci sicuri alle spalle. E' la questione, secondo me primaria, dei "nomi", delle "firme". La gente vuole delle garanzie? E perché non accontentarla? Le allodole giocano solo negli specchietti? Bene, si daranno loro gli specchietti. Poi, quando saranno a tiro, non ci scapperanno più, con o senza specchietti. Ho voluto ripetere queste mie idee pratiche, un po' machiavelliche, ma forse essenziali per la fortuna di una rivista che vuol essere di cultura ma che deve fare i conti col cassetto dei soldini, come qualsiasi altra rivista, sia d'informazione, sia di corrente, sia popolare, sia aristocratica. Anzi, più ancora di queste, perché il nostro pubblico è più difficile e più ristretto. Tu hai già una tua rete di conoscenze, dei centri, dei fedelissimi, e questo è molto, soprattutto per incominciare. A Torino dovranno accettare le nostre proposte. In caso contrario, già che si deve cambiare il titolo, perché non cambiare addirittura rivista? Domenica ci riuniremo a Brescia. I cinque o sei più sicuri. Ma al momento buono potremmo essere in trenta o forse anche più. Basta far leva sulle ambizioni di tanta buona gente che non ha avuto fortuna. Sempre più machiavellico? Forse oggi sono anche cattivo. Ho letto in un libro che in questo mondo costruisce più la cattiveria che la bontà. E' un bel paradosso. Attendo quelle tue poesie. E anche quelle di Cadoresi. Sto lavorando alle mie. Ho scritto molto in questi giorni. Mi sembra di aver imparato a raccontare, a lavorare quella difficile creta che è la prosa. Ti mando tutto il mio affetto e il mio entusiasmo. Tuo Aff.mo Ugo Mulas".
Testo: "Mio carissimo Mario, cosa dirai del mio lungo silenzio? Ho ricevuto la tua lettera e il "programma". Domani ti spedirò le copie dattiloscritte. Non sono un abile dattilografo e ho dovuto ricorrere a una mia amica, ho atteso a scriverti e anche per quelle 500 £ che non riesco a mettere insieme. Abbi pazienza! Sono entusiasta delle vostre decisioni. Ne ho parlato alla Stipi ed anch'essa ne è rimasta molto colpita. Sono felice di essere stato a Udine e di aver contribuito a chiarire alcune idee che sono nel programma. Ma soprattutto sono felice di aver respirato la tua aria, di essermi sentito dalla tua parte e di averti sentito dalla mia. Credevo di essere solo. Anche di Cadoresi conservo un ricordo vivissimo. Sono certo che potreste fare molto di più se la rivista fosse in vostre mani. I torinesi mi sembrano più formali, più freddi; respirano aria di vecchie glorie sono, come dire, schiacciati da Gobetti e Gramsci. Difficile fare una rivista dopo quei precedenti. Voi avete questo vantaggio: di lavorare su terra vergine, di non essere circondati da vecchi salotti. Bisogna fare una rivista e si farà. Voi la farete. Perché la rivista non c'è e tutti sentono che questo è il momento. Coraggio ci vuole. Bisogna partire con almeno tre o quattro numeri pronti, almeno nelle cose basilari. Per non farci venire il fiato grosso. Bisogna anche sentirci sicuri alle spalle. E' la questione, secondo me primaria, dei "nomi", delle "firme". La gente vuole delle garanzie? E perché non accontentarla? Le allodole giocano solo negli specchietti? Bene, si daranno loro gli specchietti. Poi, quando saranno a tiro, non ci scapperanno più, con o senza specchietti. Ho voluto ripetere queste mie idee pratiche, un po' machiavelliche, ma forse essenziali per la fortuna di una rivista che vuol essere di cultura ma che deve fare i conti col cassetto dei soldini, come qualsiasi altra rivista, sia d'informazione, sia di corrente, sia popolare, sia aristocratica. Anzi, più ancora di queste, perché il nostro pubblico è più difficile e più ristretto. Tu hai già una tua rete di conoscenze, dei centri, dei fedelissimi, e questo è molto, soprattutto per incominciare. A Torino dovranno accettare le nostre proposte. In caso contrario, già che si deve cambiare il titolo, perché non cambiare addirittura rivista? Domenica ci riuniremo a Brescia. I cinque o sei più sicuri. Ma al momento buono potremmo essere in trenta o forse anche più. Basta far leva sulle ambizioni di tanta buona gente che non ha avuto fortuna. Sempre più machiavellico? Forse oggi sono anche cattivo. Ho letto in un libro che in questo mondo costruisce più la cattiveria che la bontà. E' un bel paradosso. Attendo quelle tue poesie. E anche quelle di Cadoresi. Sto lavorando alle mie. Ho scritto molto in questi giorni. Mi sembra di aver imparato a raccontare, a lavorare quella difficile creta che è la prosa. Ti mando tutto il mio affetto e il mio entusiasmo. Tuo Aff.mo Ugo Mulas".