NATALINI Adolfo
(Pistoia 1941 - Firenze 2020)
DE LUCCHI Michele
(Ferrara 1951)
La cassa della sopravvivenza
Luogo: (Marina di Vecchiano)
Editore: N. D.
Stampatore: N. D.
Anno: 1977 [giugno]
Legatura: N. D.
Dimensioni: 3 fotografie originali 24x17,8 cm.
Pagine: N. D.
Descrizione: immagini realizzate da Michele De Lucchi che documentano la parte finale del progetto «La cassa della sopravvivenza» di Adolfo Natalini. Numerazione in sequenza e firma di Adolfo Natalini al retro di ciascuna immagine. Vintage.
Bibliografia: Fotografie pubblicate in: Adolfo Natalini, «La memoria invece», Firenze, Adolfo Natalini & Franca Pisani, 1978; pp. 47, 48 e 49
Prezzo: € 1200ORDINA / ORDER
Le tre immagini, pubblicate nel libro di Adolfo Natalini «La memoria invece» (Firenze, Adolfo Natalini & Franca Pisani, 1978), si intitolano rispettivamente: 1. «La cassa, ritrovata su una spiaggia»; 2. «L'architettura di Loos»; 3. «La cassa su una spiaggia».
"Una foto dell'interno di un sarcofago di pietra, mostrante i mobili che appartenevano al defunto, trovata in un libro sulla storia dell'arredamento, mi ha messo in moto una serie di associazioni. La prima era quella di usar per la morte gli stessi oggetti usati per la vita. La seconda era quella di vivere in mezzo ad oggetti di pietra: i mobili nella morte si schiacciano alle pareti. La terza era quella di rendere immobili le cose col ricordo: la memoria, come lo sguardo di Medusa, pietrifica. Ho cominciato a scegliere gli oggetti da ricordare; altri mi hanno scelto con la loro semplice presenza per esser ricordati. Li ho ricostruiti come di pietra, in una cassa della sopravvivenza divisa in sezioni da una riscoperta archeologica. Ho sistemato la cassa in diverse stanze, confrontandola con gli altri oggetti e con l'architettura. Infine, su una spiaggia, togliendo la sabbia che la ricopriva, ho scoperto che il tumulo per gli oggetti era uguale al tumulo per l'uomo di cui parlava Loos: «Se in un bosco troviamo un tumulo lungo sei piedi e largo tre disposto con la pala a forma di piramide, ci facciamo seri e qualcosa dentro di noi dice: qui è sepolto qualcuno. Questa è architettura»" (Adolfo Natalini, «La memoria invece», Firenze, Adolfo Natalini & Franca Pisani, 1978; pag. 30).
"Una foto dell'interno di un sarcofago di pietra, mostrante i mobili che appartenevano al defunto, trovata in un libro sulla storia dell'arredamento, mi ha messo in moto una serie di associazioni. La prima era quella di usar per la morte gli stessi oggetti usati per la vita. La seconda era quella di vivere in mezzo ad oggetti di pietra: i mobili nella morte si schiacciano alle pareti. La terza era quella di rendere immobili le cose col ricordo: la memoria, come lo sguardo di Medusa, pietrifica. Ho cominciato a scegliere gli oggetti da ricordare; altri mi hanno scelto con la loro semplice presenza per esser ricordati. Li ho ricostruiti come di pietra, in una cassa della sopravvivenza divisa in sezioni da una riscoperta archeologica. Ho sistemato la cassa in diverse stanze, confrontandola con gli altri oggetti e con l'architettura. Infine, su una spiaggia, togliendo la sabbia che la ricopriva, ho scoperto che il tumulo per gli oggetti era uguale al tumulo per l'uomo di cui parlava Loos: «Se in un bosco troviamo un tumulo lungo sei piedi e largo tre disposto con la pala a forma di piramide, ci facciamo seri e qualcosa dentro di noi dice: qui è sepolto qualcuno. Questa è architettura»" (Adolfo Natalini, «La memoria invece», Firenze, Adolfo Natalini & Franca Pisani, 1978; pag. 30).