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Sono le 5:00 del mattino di sabato 1 ottobre 2022. Nel film distopico di questi due anni per scelta non viaggio né in treno né in macchina. Del resto raramente ho intrapreso viaggi che non fossero attorno alla mia stanza. Dovrò percorrere più o meno 600 Km, da Gussago a Bolognano in provincia di Pescara: l’appuntamento è con la signora Lucrezia, l’amica più cara e devota a Joseph Beuys, che di quel piccolo paese ha fatto un’opera d’arte. Parto. La radio diffonde motivi in voga. Ascolto il motore, accarezzo il volante, l’alba schiarisce. Questi chilometri d’Italia, campagna, mare e colline, come in nessun altro posto al mondo. Arrivo in paese, ecco sullo sfondo a caratteri cubitali LA DIFESA DELLA NATURA e la piazza dedicata a Beuys. Qui il cellulare prende solo a tratti. Arrivo davanti al palazzo Durini, dove abita la signora Lucrezia.
La Signora mi accoglie aprendo l’antico portone. I capelli rossi stanno a ricordare che 87 anni non sono trascorsi per spegnere ma per alimentare il fuoco, e l’abito nero è la solitudine che si è scelta – mi dice “non temo la solitudine, sono stata amata così tanto“. Così, con tutto il suo aspetto e poche parole, la Signora mi invitava senza convenevoli a riflettere sull’amore, l’amicizia, la vecchiaia e la morte. “Sono collezionista di rapporti umani” aggiunge, e la breve conversazione sarebbe diventata un racconto fiume su fatti e personaggi dell’arte dagli anni Sessanta a oggi: Beuys e Harald Szeemann, gli artisti dell’arte povera e dell’avanguardia: Marco Bagnoli, Pier Paolo Calzolari, Giuseppe Chiari, Gino De Dominicis, Renato Mambor, Luigi Ontani, Michelangelo Pistoletto e tanti altri, critici e galleristi. Oltre a tutte le opere installate nel palazzo, le tracce del loro passaggio sono rimaste nelle fotografie del marito Buby Durini.
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Il tempo trascorre veloce. Un caffè nello studio, non è ancora il momento di parlare d’affari. Poi bisogna visitare l’Ipogeo, vale a dire Il Luogo della Natura – Servizi e Magazzini della Piantagione Paradise, dedicato al caro amico Harald Szeemann e alla sua famiglia in ricordo del marito Buby e di Joseph Beuys, che il 12 maggio 2022 è divenuto Il nonluogo, l’unico spazio al mondo dedicato interamente all’opera e al pensiero di Joseph Beuys: arte totale, arte=vita. Lucrezia ne ha disegnato l’architettura, la disposizione delle installazioni, tutto. E’ stata spianata mezza collina, e non per cementificarla: l’ambiente esterno è costituito dalla Piantagione Paradise, dove sono stati messi a dimora cinquecento alberi in estinzione (elenco redatto da Beuys), e la Prima Quercia italiana che Beuys ha collocato di fronte al suo studio. Lo studio si trova su una terrazza soprastante l’Ipogeo, che domina la campagna, e intorno è la natura incontaminata, la bella terra abruzzese. In mezzo e in armonia con la vegetazione sono poi sparsi centosettantaquattro “Segnali Stabili”, opere originali di vari artisti e personaggi della cultura internazionale.
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L’interno de Il nonluogo è costituito dalla struttura architettonica dell’Ipogeo: all’ingresso ci sono una serie di gigantografie incastrate nel cemento che raccontano l’intero viaggio di Lucrezia e Buby Durini con Beuys nel mondo dell’arte internazionale, dal 1972 al 1985.
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La signora racconta e spiega: gli incontri, le persone, i sogni, i tentativi. Scendiamo attraverso una rampa al piano sottostante, nella sala dedicata a Beuys e alla Difesa della Natura.
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Nello spazio sottostante sono installate due vetrine uniche di Beuys: Telefoni da Campo (1972) e The Elements (1984), ventiquattro edizioni tra grafiche e multipli dell’operazione Difesa della Natura 1974-1984, pietre di basalto, disegni, oggetti, documenti rari, foto, corrispondenza ecc., tutti ricordi dedicati da Beuys a Lucrezia e a Buby Durini, che toccano il lavoro pubblico e il rapporto umano intercorso negli anni anche con l’intera famiglia.
Il nonluogo di Bolognano al contrario del non-lieu di Marc Augé, è la radicale negazione di ogni “luogo” divenuto spazio impersonale, alienato e alienante, luogo di transito e di consumo, che non ha più connotazione culturale né radice né storia. Quel che vedi qui, oggetti, opere, documenti, sono tracce di storie, doni scambiati tra persone, affetti, utopie. Non possono stare in un supermercato, in una banca, in un aeroporto. Non possono neanche stare in un museo. Hanno bisogno di parole e di sguardi, di gesti, di invenzioni: chiedono partecipazione. Il nonluogo è la civiltà, la storia, l’umanità felice che non c’è ancora.
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Risaliamo all’ingresso dell’Ipogeo per poi accedere a una terrazza dove si trova lo studio di Beuys, mantenuto come l’ha lasciato prima della sua scomparsa, avvenuta nel 1986.
C’è una casa di pietra e un pergolato: l’appartamento dove Beuys alloggiava è al piano terreno. Una scalinata in pietra permette di accedere allo studio, che si trova al piano superiore.
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Poco distante, la Prima Quercia italiana piantata dallo stesso artista il 13 maggio 1984, giorno dell’inaugurazione dell’intera operazione Difesa della Natura e del conferimento a Beuys della cittadinanza onoraria da parte del Consiglio Comunale di Bolognano.
Non è che per questo Lucrezia abbia ricevuto sostegni dallo Stato italiano o da qualche amministrazione. Ha fatto tutto da sola – “ho dato fondo al patrimonio della mia famiglia” – mi dice, in tutti gli aspetti, compresi la manutenzione a norma delle strutture e il mantenimento della piantagione, che dura tuttora. Questo indipendentemente e senza alcuna compromissione con i vari sistemi di potere, compreso quello del mercato dell’arte italiana. “Non avrei potuto fare di più in tutta la mia vita, ed è così che ho deciso di chiudere il cerchio, continuare sarebbe apparsa ossessione” mi dice. E aveva scritto: “Il 12 maggio è stata una giornata essenziale e selettiva. Tutto il mio lavoro per Beuys e con Beuys è stato smaterializzato, compreso il programma dell’intera giornata, eseguito alla lettera dalle 10 del mattino alle 24 della notte. Nessuna conferenza. Nessuna parola, solo una musica dolce – “Je te veux” di Erik Satie che Beuys amava tanto, invadeva lo spazio interno ed esterno de Il nonluogo. Solo Visione… e coinvolgimento spirituale delle rare persone invitate.
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Ho invitato personaggi stranieri amici di Beuys da sempre, che hanno lavorato con lui e diffuso il suo regale pensiero. Ho invitato solo i veri e fedeli amici italiani che specialmente negli anni dopo la prematura scomparsa del nostro Maestro hanno diffuso i fondamentali concetti beuysiani nel mondo con ogni mezzo nelle diversità delle proprie ricerche, sempre in solidale e libera collaborazione – per il bene comune, la sua famosa Living Sculpture“.
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L’Italia odia i poeti, scriveva Corrado Govoni, ma anche gli artisti, e anche i mecenati. Lo stato italiano aveva la possibilità di acquisire questa opera monumentale, un patrimonio artistico, naturale e culturale di valore mondiale, di cui avere cura e memoria. Non c’è stato il minimo cenno, e non per qualche ragione più o meno giusta o sbagliata: i nostri amministratori non sono cattivi, sono solo ignoranti.
E così la signora Lucrezia ha “chiuso il cerchio”. Ha assicurato e definito il futuro de Il nonluogo e si è trasferita in esilio a Parigi.
Poi abbiamo parlato d’affari: sapeva che cercavo libri, documenti e ogni traccia a stampa sull’arte dagli anni Sessanta agli Ottanta. Abbiamo discusso, ci siamo arrabbiati, non ci capivamo. Suggerivo una formula che la Signora non gradiva per niente e ho dovuto arrendermi all’evidenza: quella formula costituiva per lei una forma di dipendenza che la offendeva. Così ho fatto la mia offerta, che era onesta ma non ricca. L’accettò: “A te queste cose le avrei date non importa a quanto“.
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Poi il racconto fiume è proseguito a cena, con i retroscena della performance beuysiana Terremoto, durante il convegno Arte e dimensione metropolitana organizzato da Lotta Continua (Roma, Palazzo Braschi, 7 aprile 1981). Ho dormito in un piccolo e grazioso appartamento, uno di quelli che Lucrezia mette a disposizione di chi le fa visita, e la mattina sono tornato al palazzo per caricare il materiale e porgerle un saluto. Ero ancora frastornato per la visione di tante opere e immagini, per il racconto e la stranezza del paese antico e disabitato, per la poesia nascosta in quella impresa e il silenzio di tutto quel verde intorno. Sulla soglia del portone la Signora mi congedava e aveva lo stesso sorriso con cui mi aveva accolto, aggiungendo però senza che riuscissi rispondere: “A te t’ha mandato Beuys“.