Una mirabile architettura

Una mirabile architettura

“Per me la casa non è il luogo in cui abito. Fin da piccolo mi sono abituato a pensare che la casa è il mio cuore, dove stanno gli affetti e i problemi. In questo senso me la porto sempre dietro, non è la casa rifugio, non è un nido” (Italo Rota, Cosmologia portatile, Macerata, Quodlibet, 2012: pag. 101). Torno a guardare per rivederti, caro Italo, i tuoi disegni. E sfoglio un catalogo di libri - quello della mostra Biblioteca del Moderno. Arte e architettura nei libri dalla Sezession alla Pop Art (Lugano, Fondazione – Galleria Gottardo, 1991) dove era esposta la tua collezione. Insieme a Letteratura artistica di Maurizio Fagiolo (Castello di Rivoli, 1991) inaugurava le mostre documentarie, quelle dove protagonisti non sono i quadri ma i libri. E da questi Bruno e io siamo partiti alla ricerca dei cimeli delle avanguardie. .  . Ricordo Parigi, l'edificio dove insegnavi a due passi dalla libreria Lecointre-Ozanne e il ristorante alsaziano, Milano, una…

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Ricordo di Adolfo Natalini

Ricordo di Adolfo Natalini

Adolfo Natalini se n’è andato dalla vita il 23 gennaio. Se penso a Firenze penso a lui, a una veduta della città da non so che ristorante in collina, il sole tra la verzura e l’azzurro, le cose buone da mangiare un bicchiere di vino, i muri della sua casa al confine con Fiesole, armoniosa di spazi e tradizioni - saggezza di architetture nate dal bisogno e dal desiderio. Non riesco a immaginare Natalini in un giorno di pioggia. Non conosco linee più eleganti di quelle che lui ha tracciato sui quaderni di lavoro del Superstudio, progetti come ombre delle idee che riconciliano coi deserti e l’inesorabilità del tempo - ma non cercate equivalenti di cemento, non c’è niente di somigliante al mondo. Sono visioni, molte delle quali ho appeso ai muri di casa come specchi per la mente. Certo tutto questo è il suo regalo a chi rimane, le cose dell'intelligenza tornano al paradiso da cui provengono. Ma lui se n’è andato…

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Dal Museo Archeoideologico: chi Fiume ferisce di Fiume perisce

Dal Museo Archeoideologico: chi Fiume ferisce di Fiume perisce

. "Chi Fiume ferisce di Fiume perisce" è il motto dannunziano che ricorda l'unica repubblica mai governata da un poeta: olocausta, città di vita, porto dell'amore. Oggi si chiama Rijeka ma che importa. Per più di un anno fu il faro di tutte le rivolte del mondo, dall'Irlanda, all'Egitto alla Russia dei Soviet. Lo slogan viene pubblicato per la prima volta sul volantino a firma di Gabriele D'Annunzio edito dal Comando di Fiume: Legionarii di Fiume, combattenti d'Italia, partigiani della Vittoria…, dell'11 giugno 1920 riprodotto qualche giorno dopo nel Bollettino del Comando di Fiume,  Anno I n. 23, 17 giugno 1920: difficile stabilire se lo striscione fu stampato in maggio o in giugno, ma certamente quello è il periodo. L'esemplare che ho viene dal Cairo dove Nelson Morpurgo aveva ereditato dal padre lo studio d'avvocato, costretto a rifugiarvisi coi suoi ricordi nel 1939 dopo l'emanazione delle leggi razziali, lui legionario fiumano ebreo futurista e fascista di sinistra. Dopo la guerra ritornò in Italia definitivamente. Fra…

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Dal museo archeoideologico: una foto di Furio

Dal museo archeoideologico: una foto di Furio

Alla fine degli anni Settanta i sacrifici reclamati da tutti i partiti dell'arco costituzionale non furono più necessari: l'inflazione era esplosa in fiumi di denaro - che nel 2008 avremmo scoperto essere virtuale - e si aprì l'epoca yuppie, paninara e tamarra. L'Italia tornava a ridere col Drive In mentre la tanto osteggiata abolizione della scala mobile - proposta e attuata dal P.S.I. di Craxi -  sembrava destinarci a magnifiche sorti e progressive. In un angolo della mia libreria, tra Shaftesbury e Hume conservo in una piccola teca di plexi questa foto di Furio del 1980. Non ci sono tracce di Furio Bettinzoli sul web, a parte una fotografia che avrebbe dovuto esserci ma non si può visualizzare: il ritratto di un ragazzo, datato 1984. Il ragazzo si chiamava Roberto Covre. Roberto l'ho conosciuto nel 1978/1979, e me lo ricordo bene perché mi aveva incuriosito il gusto musicale che gli faceva preferire su tutto appaiati Renato Zero e Johann Sebastian Bach. Sarebbe troppo lungo spiegare cosa ci…

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MOMMA (Mon Musée M’Amuse): il mio museo archeoideologico

MOMMA (Mon Musée M’Amuse): il mio museo archeoideologico

Il mio piccolo museo archeoideologico l'ho battezzato MOMMA (Mon Musée M'Amuse). Son fatto di quelle cose: mi specchio mi ritrovo lì, con piacere e immodestia. Ho un poco più di comprensione per me, sopporto più serenamente la mia inattualità. Bevendo un caffè nella sua casa consacrata al Novecento, il mio amico Giampiero un giorno mi ha detto: "Questo che vedi sarà il mio sarcofago". Danari trasformati in libri carte  oggetti immagini che evocano momenti irripetibili e ci accompagneranno quando ce ne andremo dalla vita, loro per farsi amare e continuare la loro esistenza di reliquie, noi nel vento. Non occorrono troppi soldi ma qualche rinuncia qualche disfatta un po' di dolore e di fortuna. Il museo ospita quel che di te restituisci al mondo ma molto più bello e migliore, una vita inimitabile. http://www.arengario.it/category/museo-archeoideologico/

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Un incontro con Gianni Emilio Simonetti

Un incontro con Gianni Emilio Simonetti

Ho incontrato Gianni Emilio Simonetti a Milano un giorno di metà settembre, con un bel sole e l'aria tiepida estate addio ma con dolcezza. Non è che non lo conoscessi ma certamente sapeva più cose lui di Bruno e me che non noi di lui. La differenza è che lui è protagonista di almeno un paio di rivoluzioni permanenti (situazionismo e fluxus), mentre noi non ne raccogliamo che qualche frammento. Tutto è cominciato da una e-mail sua riguardo a un articolo di questo blog, Gino De Dominicis: disabilità, manipolazione e perbenismo. Nello scambio di messaggi che ne seguì, appresi che oltre all'attività accademica Gianni conduce il Laboratorio di Artiterapie presso il Centro Diurno Luvino di Luino: una struttura finalizzata all'integrazione dei malati di mente. E non è che ci lavori per sfoggio di solidarietà, ci lavora davvero, ben meritandosi "i riconoscimenti unanimi sia dai pazienti che dagli operatori del settore”, ha dichiarato il dott. Isidoro Cioffi, direttore della Psichiatria del…

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La fotografia e i tempi rimossi: E’ il 77

La fotografia e i tempi rimossi: E’ il 77

Non è un libro vero e proprio. Così ingombrante e sottile, ti veniva la tentazione di piegarlo ma non ci riuscivi se non rovinandolo: "E' il '77" sta scritto a caratteri cubitali in rosso su fondo nero, e tutti capivano immediatamente di cosa si trattasse. Quel 1977 di corse pistole e girotondi, di giornali cortei sampietrini, di donne libere, di droghe pesanti e leggere, di risate rosse di pianti, di baci e carezze senza distinzione di sessi, di terrore e poesia. Lo avevano capito tutti in quel momento che la storia aveva smarrito la diritta via. Le avvisaglie erano state le prime radio libere (Radio Alice inizia a trasmettere nel febbraio 1976) e la formazione dei primi centri sociali, l'assalto irridente alla Scala di Milano (dicembre 1976), l'autoriduzione nei cinema. Stava prendendo corpo un movimento che non si misurava coi linguaggi della politica e i doveri della militanza, che non si orientava secondo la logica dei poteri, che non esitava…

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“Prima pagare poi disegnare”. Un assegno posdatato di Andrea Pazienza

“Prima pagare poi disegnare”. Un assegno posdatato di Andrea Pazienza

Ho conosciuto Andrea Pazienza un anno fa. Nel 1977 avevo smesso da un pezzo di leggere fumetti: studiavo Hegel e Carlo Marx, avevo 17 anni come Rimbaud - on n'est pas sérieux quand on a dix-sept ans. L'ho conosciuto solo un anno fa non ricordo come, sfogliando a caso non so che libro o giornale, dopo anni che raccolgo materiale sul Movimento '77. Andrea Pazienza se n'è andato via dalla vita nel 1988. Non so se saremmo stati amici ieri o oggi, ma credo che in lui ci fosse quel che di più irriducibile e disperato potesse produrre quel movimento, la sua poesia. Non è il caso qui di fare panegirici: gli dedicherò un catalogo monumentale, forse prima della fine dell'anno - non ce la farei ad aspettare il trentennale. In breve, ho cercato qualcosa di suo per il mio museo archeoideologico, il museo dei frammenti incomprensibili da tramandare alle epoche venture, frammenti che non si possono capire senza la…

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Testamento di Andrea Branzi agli Archizoom

Testamento di Andrea Branzi agli Archizoom

Andrea Branzi, Paolo Deganello, Massimo Morozzi e Gilberto Corretti: gli Archizoom, architetti e designer radicali - o neomoderni, si disse poi, come il Superstudio, i 9999, Ufo, Strum, Zziggurat e altri gruppi, o cani sciolti come Ettore Sottsass Jr., Ugo La Pietra, Riccardo Dalisi, che stravolgevano la professione costruendo al posto delle case la propria vita. Le loro opere sono fatte più di carta che di cemento, più di parole che di mattoni, più di risate che di calcoli. E così nel 1969 accade che Andrea Branzi si rompe una gamba e finisce in ospedale, a Interlaken. Lo vanno a trovare fra gli amici Ettore Sottsass jr. e Fernanda Pivano che gli regalano una confezione di pennarelli sottili: con uno di quei pennarelli Branzi durante la degenza disegna il sacro testamento che custodisco nel mio museo archeoideologico: Dedico questo MIO TESTAMENTO SPIRITUALE a gli ARCHIZOOM Jr e Sr Via Pisana 79 - 50143 Firenze - 207052 e a tutti coloro…

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L’ultima fotografia  di Julius Evola – con una lettera di Gianfranco De Turris

L’ultima fotografia di Julius Evola – con una lettera di Gianfranco De Turris

Tra molte belle fotografie che ritraevano scrittori, artisti e musicisti, ho scelto questa per il mio piccolo museo archeoideologico. Nel 1918, tornando dal fronte, Julius Evola in preda a una profonda crisi esistenziale decide di uccidersi, ma: "questa soluzione... fu evitata grazie a qualcosa di simile ad una illuminazione, che io ebbi nel leggere un testo del buddhismo delle origini. Fu per me una luce improvvisa: in quel momento deve essersi prodotto in me un mutamento, e il sorgere di una fermezza capace di resistere a qualsiasi crisi". Questo era il passo: "Chi prende l'estinzione come estinzione e, presa l'estinzione come estinzione, pensa all'estinzione, pensa sull'estinzione, pensa «mia è l'estinzione», e si rallegra dell'estinzione, costui, io dico, non conosce l'estinzione" (Julius Evola, Il cammino del cinabro, Milano, Scheiwiller, 1963; pp. 10 e 7). Comincia dunque da una riflessione sulla morte l'opera artistica e intellettuale del barone Giulio Cesare Andrea Evola (Roma 1898 - 1974), un percorso fuori da ogni classificazione,…

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