Non vuol dire che una cosa è un rifiuto solo perché l’hanno buttata fra i rifiuti... dal film Trash Il film Trash, prodotto da Andy Warhol per la regia…
“Nelle strade di San Faustino / nelle strade del crimine…” dice la canzone che è la sigla e la cifra del film. Stiamo parlando di Brescia.
Via San Faustino è la strada che da una delle salite del Castello porta fino a Piazza della Loggia costeggiando il quartiere del Carmine. Il Carmine dal medioevo fino agli anni Ottanta era stato il quartiere malfamato dei ladri, delle checche e delle puttane ma niente affatto dei criminali.
Al Carmine i bambini potevano crescere in strada, gli omosessuali non erano minacciati, le donne menavano i mariti se i mariti alzavano le mani, le porte potevano rimanere aperte, si rubava ma rigorosamente fuori da lì: era un’altra umanità, non proprio a posto ma insomma. Il crimine è un’altra cosa.
Già da qui capisci che il film non è un film da guardare e basta, ci devi mettere del tuo, non puoi stare lì a godertelo gratis, devi partecipare, conoscere e capire, proprio come hanno fatto loro, quelli che l’hanno messo insieme.
Loro, autori e attori, sono un gruppo eterogeneo di operai, studenti, intellettuali, impiegati, commercianti, professionisti, quelli che oggi stanno pagando la crisi. Il film lo hanno fatto in quattro anni mettendoci i soldi indispensabili, il Comune di Brescia ha concesso il patrocinio e nemmeno una lira. Così il film non è “professionale” sono evidenti le sue origini artigianali, di cosa fatta in casa, suoni sporchi, certe riprese, stacchi, mille piccole stronzate, ma questo che vuol dire? E’ un film dignitoso, elegante ed equilibrato con tutte le sue stranezze e le sue incompetenze. Un film rispettoso della tradizione, che non vuole spaccare niente, non spera successo né cassetto, e con raffinata sensibilità evita qualunque riferimento alla storia antica, moderna, contemporanea e miserabile. Sta in piedi senza bisogno di stampelle culturali, politiche, sociali e il resto delle menate. Solo che devi stare un po’ attento, se guardi e basta non vedi niente, se cerchi emozioni devi seguire Beautiful: questo film è un gioco, uno svago per la mente non per le pance, i cuori eccetera.
E’ un film bresciano: la brescianità viene fuori dal linguaggio, che non è il dialetto: gli autori non sono caduti nella trappola. Un linguaggio comprensibile a tutti dove risaltano ancora di più le espressioni tipiche e la visione del mondo i toni l’ironia l’inflessione che sono nostri e non bergamaschi, milanesi o mantovani. Autori e attori ci hanno messo la cosa più importante, quel che avevano compreso e non soltanto sentito del loro appartenere a queste strade, case, chiese, hanno giocato con le proprie vite per renderle inimitabili e regalarle a chi guarda. Cos’altro si vuole da un film? Vivere nell’atmosfera degli eroi e dei miti, che importa della realtà così com’è, importa quello che la realtà potrebbe essere. Così il film è lontanissimo da ogni provincialismo, lo puoi esportare anche in America e si capirà ugualmente qualcosa che è solo di questa città, di questa terra, e solo da qui poteva venire fuori.
L’hanno proiettato l’altrieri nella piazzetta adiacente alla chiesa di San Faustino, proprio dove stava il cinema Brixia, che coincidenza. Poi vennero i multisala. Mentre iniziava la proiezione qualcosa dello spirito del Brixia c’era nelle seggiole traballanti e nella gente che aspettava. Sullo schermo, che poi era un lenzuolo, comparivano facce che ricordavano quelle della mala milanese degli anni Settanta, o dei gangsters americani degli anni Trenta. Poi all’improvviso c’è stato un moto di dissenso fra il pubblico. Signore, neanche fosse un film di Andy Warhol da far gridare allo scandalo. Era una scena in cui l’agente Dave playboy rifiutava l’ennesimo accoppiamento con due grandissime gnocche. Fra il pubblico una giovane donna mugugnava ad alta voce dando del frocio frocissimo al povero Dave reo di essersela tirata un po’ forse, ma insomma ci stava – era un film. E poi che offesa è, s’io fossi frocio orgoglioso ne sarei. Uno degli autori la prega di non disturbare e lei meravigliosamente stravolta dalla rabbia si alza sbraitandogli in faccia CONTROCATTOLICO DI MMERDA! e si allontana tirata per un braccio dal compagno continuando la sceneggiata in tono minore – che lei poteva dire quel che le pareva perché aveva pagato (ma cosa aveva pagato che era gratis?) eccetera CONTROCATTOLICO DI MMERDA! Esilarante. Neologismo o strafalcione era perfetto così nella sua ambiguità.
Comunque quel Dave e l’amico Al, un idealista dell’investigazione intesa come scienza, sono i due super agenti mezzi delinquenti espulsi dalla polizia anni prima. Vengono riesumati dall’improbabile commissario Frank perché non ce n’è di madonne, il Garatti non lo può incastrare nessuno se non loro, i migliori. Il Garatti è un vero criminale delinquentone, ammazza poveri pushers senza pietà, umilia i suoi scagnozzi, è il male in persona. Tra nights, esplorazioni in Quarone (il Quarone è zona collinare bresciana, densa di sentori esotici e selvaggi, dove si va a cacciare, a far l’amore, a correre, a sparare, ad allenarsi), fughe nei vicoli e osterie, è indimenticabile il “ciaino” truccato di cui Al e Dave si contendono la guida: il “ciaino” era il Ciao della Piaggio truccato, la risposta proletaria alla Vespa fighetta: così era a Brescia e chissà se lo stesso mito è sorto in altre città italiane, mi piacerebbe davvero saperlo.
E’ chiaro che il Garatti verrà incastrato. Il gioco è il suo punto debole: lui è sempre stato il più bravo di tutti al gioco della morra. La morra era il gioco d’azzardo per eccellenza al Carmine, altro che il poker. La morra popolare e secca: cic ces ces ot cet cic ces ces ces quater quater quater… Anche mio zio Luigi era molto bravo, vinceva e beveva e mia zia che era di origini arabe con una stella tatuata in fronte andava a prenderlo e se lo portava via litigando che mettesse la testa a posto – ma lui aveva perduto una gamba in fonderia e qualche diritto di distrarsi ce l’aveva. Il Garatti vincerà la partita ma perderà la sua personale lotta contro il Bene personificato dagli sfigati Al e Dave, veri angeli della brescianità disincantata, della sopravvivenza a ogni sorpruso, della libertà ad ogni costo svincolati da ogni inquadramento e ipocrisia.
Oltre alla mamma ho diversi parenti carmelitani (non frati ma abitanti del quartiere del Carmine). Per esempio una mia zia aveva il banco della frutta proprio all’angolo di questa piazzetta e quando ero bambino e stavo a dormire da lei, avevo sempre chiesto e mai ottenuto di andare a vedere il cine al Brixia: da casa sua sarebbe bastato attraversare la strada. Ieri è stato come andare al Brixia.
Ecco il trailer del film:
E le interviste ad autori e attori: