Non vuol dire che una cosa è un rifiuto solo perché l’hanno buttata fra i rifiuti... dal film Trash Il film Trash, prodotto da Andy Warhol per la regia…
La rivista PARIA, fondata, diretta e disegnata da Antonio Rodriguez (Edolo, Brescia 1948) – o “Pariananda”, come amava firmarsi, fu pubblicata dal 1969 al 1975 in due serie distinte.
La prima serie, cosiddetta “ciclosticolata” è costituita da 4 fascicoli pubblicati tra il 1969 e il maggio del 1970. Di questa ho rintracciato solo l’ultimo fascicolo, il n. 4, proveniente dalla collezione dello stesso Antonio Rodriguez e dedicato “agli studenti uccisi mentre gridavano pace, ai ragazzi arrestati, con la forza… mentre gridavano pace ed alle poesie di ragazzi che chiedono che vogliono la pace”, in occasione di quello che passò alla storia col nome di “massacro di Kent”. Mi scrisse Rodriguez:
“Li ho fisicamente eseguiti e stampati con la ciclostile dell’ufficio in un numero esiguo di copie, (…) distribuiti nel luganese e spediti a qualche amico. Non esistono originali o copie che io sappia”.
La seconda serie, di 17 fascicoli, con sede prima a Locarno e poi a Viganello (Canton Ticino, Svizzera), comincia con il n. 0 nell’estate del 1970 e termina col n. 19 del dicembre 1975. Prima dell’ultimo numero, e fuori numerazione, viene anche pubblicato un opuscolo di poesie: West Coast Paria a cura di Franco Beltrametti.
E’ da notare che non esiste il fascicolo n. 1, o meglio, il primo numero della serie è il n. 0, a cui seguì il n. 2. Non esiste nemmeno il fascicolo n. 10, perché, scrive Antonio Rodriguez:
“…i lay out furono consegnati allo IAP di Milano, e andarono persi nel caos della sede (un’appartamento dove vivevano in comune un fottio di persone che andavano e arrivavano ed Ignazio non riusciva a controllare tutto)”.“Ignazio” era Ignazio Maria Gallino direttore della distributrice International Alternative Press (IAP). Il fatto è rimarcato anche in una lettera di Rodriguez a Gianni Milano. Infine non esiste il fascicolo 17 ma nemmeno Rodriguez saprebbe dire se per errore o per superstizione.
La rivista venne distribuita in modo capillare in Svizzera, Italia, USA, nel circuito di Re Nudo e di Stampa Alternativa. Fra i collaboratori ci sono testi e poesie di Hermaus, Franco Beltrametti, Gianni Milano, Giorgio Mariani, Allen Ginsberg, Gary Snyder, fumetti e disegni di Mizio Turchet, e diversi contributi anonimi o pseudonimi di tutti i freak out del Ticino, Zurigo (Hotcha), Friburgo (Revoltè).
.Ispirata dichiaratamente per i suoi contenuti al Living Theatre, Paria si distingue per una raffinatezza grafica che la colloca fra le pubblicazioni underground di ispirazione internazionale.
Le esplosioni psichedeliche, i labirinti e gli intrichi delle scritture, i disegni e le foto sono disposti secondo un gusto che si riallaccia alla storia dell’avanguardia, dall’Art Nouveau al Futurismo a Dada fino alla Bauhaus.
Gli anni Sessanta avevano stravolto la vita di una intera generazione, avevano messo in discussione tutti i luoghi comuni, tutte le certezze, e avevano dimostrato che il paradiso era possibile ora qui subito, pur che si mettesse in gioco la vita. Paria arriva alla fine di questo percorso e prova a tradurlo in immagini. Aboliti i confini tra vita quotidiana e poesia, un giornale non serve a rendere conto di qualcosa a qualcuno, ma solo per comunicare qualcosa di sé ad altri: parlar/si, scriver/si, immaginar/si, come si dirà nel ’77, addosso. Comunicare.
Paria non è la sola rivista che fa questo ma è fra le poche a farlo con ricercata eleganza: le sue immagini si imprimono nel ricordo senza offendere o colpire, magicamente: sono immagini che vogliono cambiare e far cambiare con la forza della bellezza e del pensiero. Non vogliono blandire, suggestionare, osannare. Vogliono mostrare il meraviglioso possibile. Anche per questo Paria non è etichettabile politicamente.
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.Sulle sue pagine passano tutte le esperienze alternative dell’epoca, il Living Theatre principalmente, ma anche gli hippies, i renudisti e i situazionisti, senza che la rivista perda la sua connotazione specifica, a testimoniare una autenticità di fondo, la ragione per cui quella comunicazione funzionava e poteva conservarsi nel tempo, parlare anche a generazioni future, lasciare il suo minuscolo segno, una traccia inconfondibile nella memoria.
Questo testo è l’introduzione a un catalogo pubblicato in una trentina di copie assemblate a mano nel 2010: Paria: una ricerca di comunicazione.
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