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Bruno Corra, Perché ho ucciso mia moglie, Milano, Facchi, 1918

Bruno Ginanni Corradini: aristocratico, poliglotta, esoterista, tombeur de femmes e sportsman. Giacomo Balla gli inventa nel 1914 lo pseudonimo “Bruno Corra”, da «correre» come per il fratello Arnaldo “Arnaldo Ginna”, da «ginnastica». Tra i primi futuristi è uno di quelli che con più energia rivendica al futurismo la missione di cambiare la vita e il mondo. Poi nei primi anni Venti prenderà un’altra strada, scriverà romanzetti per signore snob e soggetti per film, da aristocratico disincantato viveur qual era.

Se in Io ti amo il bersaglio era l’ipocrisia intorno al sesso e l’incapacità di amare in modo autentico nella vita come nell’arte (vedi: in questo blog: EROTICA FUTURISTA 10: Io ti amo), in Perché ho ucciso mia moglie Corra prova a dire di che è fatto un amore autentico. Il libro viene pubblicato a Milano dall’editore Facchi il 18 novembre 1918, in una edizione dichiarata di 10.000 esemplari più due in carta speciale, ed è una vera e propria rivoluzione rispetto ai romanzi d’amore tradizionali, sulla scorta delle teorie freudiane già riprese e diffuse da Italo Tavolato nel suo Contro la morale sessuale:

Ma è certo che le attività cerebrali sono rilegate alle energie sessuali da fasci di relazioni misteriose e complicate che le rendono dipendenti, prepotentemente, le une dalle altre. E io credo che proprio in quegli inafferabili ponti di sensibilità che uniscono il cervello al sesso vada ricercata l’origine vera e la vera chiave di volta di tutte le esplosioni nervose, di tutte quelle spasmodiche proiezioni di energie psichiche le quali producono, a seconda della direzione che viene loro impressa, i grandi capilavori artistici e i grandi delitti passionali” (Bruno Corra, Perché ho ucciso mia moglie, Milano, Facchi, 1918; pp. 42-43).

Una donna si è suicidata e un uomo l’ha indotta a questo gesto. Si svolge un processo in cui già si sa che l’imputato sarà assolto: famoso, ricchissimo, difeso dagli avvocati più prestigiosi, costui sarà definito pazzo e incapace di condizionare qualcuno a un tale atto. Ma l’imputato l’ultimo giorno del processo ha qualcosa da dire e vuole raccontare la sua storia.

Giorgio geniale musicista scopre il sesso con una matura signora e da quel momento non se ne perde una: la musica e la donna sono le passioni della sua vita. La terza passione potrebbe essere la droga: sotto l’effetto di una droga nuova, la rahmshish, Giorgio riempie pagine e pagine di musica celestiale. Poco dopo incontra Olga e il loro incontro è fatale: è l’incontro di due corpi prima di ogni altra cosa. Quello che in loro è spontaneo e naturale combacia perfettamente. E’ come se il corpo dell’uno sapesse esattamente come disporsi nei confronti dell’altro senza concorso della riflessione. La loro felicità è totale, non hanno bisogno di tante parole, uno sa già cosa l’altro desidera e pensa. Giorgio ha avuto mille donne e ora capisce che ne aveva tanta passione perché stava cercando quella che sola fosse sua, ora che l’ha trovata quel fuoco esasperante non c’è più: è perfettamente appagato. Lo stesso è per Olga. Si sposano e per due anni vivono insieme ogni giorno come fosse un attimo, in un eterno presente di perfetta felicità.

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Bruno Corra, 1916

Poi qualcosa turba Giorgio: che fine ha fatto la sua arte? Tutto si è fermato, nella felicità assoluta non c’è bisogno di agognare alcunché. Se vuole tornare a creare deve liberarsi da questo amore perfetto. Come fare? Deve uccidere Olga, è chiaro. Però non ne è capace, spararle non sarebbe elegante, così come accoltellarla o avvelenarla. Per un raffinato come lui lo stile è importante. Così mette in atto una serie di comportamenti e stratagemmi per indurla al suicidio. Passano dei mesi di strazio indicibile. Olga a un certo punto intuisce il tormento di Giorgio e con grande semplicità si dispone al sacrificio. I due amanti trascorrono così gli ultimi giorni del loro amore in una nuova armonia che non ha più bisogno di congiungimento carnale perché la tacita comprensione e il sacrificio uniscono i loro sensi più che il contatto delle epidermidi. Quando lei si uccide, Giorgio fa scrivere sulla tomba l’epigrafe: «Olga senza Giorgio».

Dunque, tornando al processo, Giorgio vuole essere assolto non perché è un pazzo ma perché ha sacrificato l’amata per regalare al mondo la propria musica. Naturalmente la corte lo assolverà ritenendo questa la prova provata della sua follia. Giorgio si ucciderà sulla tomba di Olga e il sangue raggrumato trasformerà la parola “senza” in una semplice linea di congiungimento «Olga-Giorgio».

Romanzo a tesi, didascalico e sia pure. Ma quanta materia di riflessione sulla sessuofobia che domina la società, sul senso della giustizia che giudica un uomo presumendo di conoscerlo, e sull’amore infine che non si può separare dalla carne, dalla creatività e dalla vita quotidiana se non suicidandoci vivi.

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