Ho conosciuto Andrea Pazienza un anno fa. Nel 1977 avevo smesso da un pezzo di leggere fumetti: studiavo Hegel e Carlo Marx, avevo 17 anni come Rimbaud – on n’est pas sérieux quand on a dix-sept ans. L’ho conosciuto solo un anno fa non ricordo come, sfogliando a caso non so che libro o giornale, dopo anni che raccolgo materiale sul Movimento ’77. Andrea Pazienza se n’è andato via dalla vita nel 1988. Non so se saremmo stati amici ieri o oggi, ma credo che in lui ci fosse quel che di più irriducibile e disperato potesse produrre quel movimento, la sua poesia. Non è il caso qui di fare panegirici: gli dedicherò un catalogo monumentale, forse prima della fine dell’anno – non ce la farei ad aspettare il trentennale.
In breve, ho cercato qualcosa di suo per il mio museo archeoideologico, il museo dei frammenti incomprensibili da tramandare alle epoche venture, frammenti che non si possono capire senza la chiave e che se la chiave non c’è ancora meglio, così da offrirsi a infinite attribuzioni, ipotesi e interpretazioni. E ho trovato questo:
“Prima pagare poi disegnare” è un motto di Pazienza declinato da lui e dagli amici in mille modi: prima pagare poi leggere, prima pagare poi ricevere, prima pagare poi copulare, prima pagare poi eccetera. E’ una legge della vita. Corre il 1985, i magnifici anni Ottanta di opulenza inflazione e tutti che volevano vivere alla grande. Il posdatato è il simbolo dei soldi che non ci sono ma è come se ci fossero, basta crederci: la quintessenza della crisi finanziaria che viviamo oggi. Un pagare che non è un pagare, è un pagherò, un trucco per poter ingannare la vita e scampare al dolore. Colui che allunga seraficamente l’assegno è Vincenzo Sparagna, chi lo ritira piegandosi a novanta è lo stesso Pazienza, e si vede che gli girano i coglioni ma lo ritira lo stesso, è la coazione a ripetere, il rinnovo del credito perché se uno lo mina crollano tutti. Ma ecco la chiave rigorosamente storica, la dettagliata descrizione del bozzetto dello stesso Vincenzo Sparagna:
“Questo schizzo a matita di Andrea Pazienza è la prima versione di una battuta che avrebbe poi inserito in una divertente storiella disegnata nell’aprile e uscita nel maggio 1986 all’interno del n. 8 di TEMPI SUPPLEMENTARI, rivista prodotta da FRIGIDAIRE tra l’ ’85 e l’ ’86. I protagonisti del disegno siamo lui ed io. Io sono a sinistra, con la mia capigliatura inconfondibile, i baffoni e l’aria imperturbabile, colto nell’atto di porgergli un assegno lungo mezzo braccio. Andrea è sulla destra e lo prende con aria sorpresa dicendo «Ancora un postdatato del Monte dei Paschi Norvegesi! Ne ho già undici così!». Si tratta di una scanzonata presa in giro delle nostre difficoltà economiche dopo che la Commissione Editoria ci aveva cancellato per pura rappresaglia politica i rimborsi sul prezzo della carta cui avevamo diritto. A causa di ciò in quel periodo ero spesso costretto a pagare con posdatati…
Ma nel fumetto che avrebbe poi assorbito la battuta si ironizzava pure sul tentativo di Pazienza di moltiplicare il numero di pagine delle sue storie per farsi pagarre di più (prendeva centomila lire a tavola). Il valore artistico di questo schizzo sta nella rapidità del tratto, che descrive le figure con estrema precisione. Lo si vede nell’espressione del mio volto oppure nella curva della schiena di Andrea che si china a ricevere l’assegno. Nella tavola del fumetto questo movimento è scomparso, il dialogo tra noi è sviluppato in vari quadri e la parte sul posdatato è in una di quelle sequenza di bloon a raffica tipiche di Andrea, sostenuta dalle nostre due faccine, io che rido, mentre Andrea è perplesso. Il duetto è uno dei più straordinari dei tanti disegnati da Andrea tra me e lui, persone vere, ma pure personaggi della nostra stessa storia…
Beh, non mi dilungo, ma consiglio di leggere tutta la «Leggenda» [Il mistero della leggenda di Italianino Liberatore] sull’albo di FRIGIDAIRE «Cose d’A.Paz» che andò in edicola nel giugno 1988, lo stesso mese della morte di Paz. Proprio come, curiosamente, il numero 8 di TEMPI SUPPLEMENTARI con la puntata in cui c’è questo dialogo, fu stampato nell’aprile 1986, lo stesso mese della morte di Tamburini. Coincidenze chiaramente del tutto involontarie, ma curiose e terribili, quasi che, divenendo personaggi di carta, i miei due geniali amici avessero anticipato la loro scomparsa come persone in carne e ossa” (Vincenzo Sparagna).
Chi sa come saremo ricordati, chi ricostruirà la nostra storia. Se questo frammento sarà ritrovato in un lontano futuro quali domande suggerirà all’osservatore umano robot o marziano? Se lascerà indifferenti, se apparirà come un enigma, se stimolerà una ricerca sul Monte dei Paschi Norvegesi nel quadro della politica economica europea. Ma riusciranno a togliersi poi dalla mente quelle due figurette, il capellone baffuto e lo smilzo piegato e incazzato?