Sono tornato dal sud di nessun nord dopo aver visto la regina di Saba e mi rimane una bellissima musica che continua a ripetere “life changanyisha”, la vita ci mescola. Sul piccolo palco di legno ci sono un ragazzo nero con la chitarra e un ragazzo bianco con la fisarmonica, in mezzo la bella donna che canta. Ogni tanto cadono gocce di pioggia ma la gente non se ne accorge. Sto in una storia che non ho scritto, la storia che la bella donna racconta con la sua voce, di sua madre per le strade di Damasco, agitando con grazia i suoi monili, è un canto d’amore, semplice e grande come il piacere e la luce, la memoria, l’abbandono. E’ una regina senza oro né strascichi né schiavi, una regina che lavora, con l’eleganza che la fatica educa e raffina.
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Io sono molto contento e non mi muovo dalla sedia, ogni tanto guardo gli altri seduti come me. Sorridono, battono le mani, si vogliono molto bene. Eppure un dolore di mille anni sembra sollevarsi dal palco, modulato dal canto. Nessuno vuole il dolore, nessuno sopporta il pensiero dei mali e della morte. Solo quel canto che con grazia abbraccia anche loro. La bella regina li prendeva e li portava con sé, li faceva vibrare insieme alla gioia nei suoni che evocavano angeli e animali. E le persone tutte attorno non si volevano alzare, sotto la pioggia che cadeva per loro, per me e per tutti quelli che non c’erano. Life changanyisha, la vita ci mescola.
Ho poi parlato con Saba Anglana ma non le ho detto tutto questo, solo un po’. Ho sentito molto il suo orgoglio d’essere “performer”, di regalare qualcosa offrendosi agli altri. E che anche solo facendo due chiacchiere, c’era in gioco la sua vita com’era tutta insieme. Mi piace la sua semplicità, il gusto e la misura con cui dice le cose e pronuncia le parole. Mi piace come ascolta, quando Tano l’incantatore racconta le sue storie fatte di ombre, di bianchi e neri e qualche filo rosso.
In una intervista raccontava che in Africa aveva imparato a liberarsi poco a poco di tante cose inutili. Non aveva mai pensato prima a quante inutili cose riempiono e affliggono la nostra vita. E a mano a mano che se ne liberava si sentiva sempre più ricca e felice. Forse i testi arabi e cristiani ci ingannano, la regina di Saba non cercava la saggezza di Salomone ma la dolce filosofia di Epicuro.
Qui è l’intervista di cui ho detto:
http://www.adnkronos.com/IGN/Mediacenter/Video_News/Con-lalbum-di-Saba-Life-changanyisha-un-nuovo-ponte-con-lAfrica_313133444397.html
Oggi stavo con due amici e Umberto Eco in un ristorante giapponese a Milano. Ho raccontato questa stessa cosa in un altro modo: anche lui era del parere che su quel piccolo palco al Diavolo Rosso nella città di Asti ci fosse la regina di Saba. Ci prestava attenzione sorseggiando il saké con grande cortesia ma lo sguardo non appena poteva si rifugiava altrove. Saba non la conosceva, non l’aveva mai veduta. Ma aveva preso forma nella sua fantasia e ora se n’era andata da qualche parte nella sua mente lasciando fuori appena un po’ di luce.