MATERIALI
[poi ALTROVE - MATERIALI] (Roma)
Altrove - Anno I n. 2. Ma sì, sì restiamo poesia, pura immaterialità...
Luogo: (Roma)
Editore: Supplemento a Stampa Alternativa
Stampatore: Tipografia «15 giugno» - Roma
Anno: dicembre 1977 / gennaio 1978
Legatura: foglio stampato al recto e al verso
Dimensioni: 58x43 cm.
Pagine: N. D.
Descrizione: stampato in rosso e nero, con alcune illustrazioni n.t. fra cui un disegno di Vincino. Di questo foglio furono pubblicati solo 2 fascicoli. Edizione originale.
Bibliografia: Attilio Mangano, «Le riviste degli anni Settanta», Bolsena, Massari, 1998: pag. 71
Prezzo: € 150ORDINA / ORDER
"Il leader è la spettacolarizzazione della vita parcellizzata, ridotta a mera sopravvivenza, incarna il massimo grado di separazione della vita quotidiana dall'esistenza come esistenza "altra". E' così che svolgendo un ruolo unico, diviso da tutti gli altri, credendo di riassumere in sé tutto, eleva se stesso a massima realizzazione del potere, mentre non fa che riprodurre la realtà del capitale, produzione e consumo, si tocca il punto più basso della negazione del potere dell'esistenza per l'esistenza del potere. Lo spettacolo della propria gratificazione nell'introiezione dello spettacolo stesso".
"Per Maurizio e me un ennesimo nuovo foglio si profila all'orizzonte: «Materiali». Siamo come quelli che fondando una rivista dichiarano tutti soddisfatti: «Perché diamo vita a questo giornale» e il numero successivo, laconicamente, «Perché ci sciogliamo». Per prima cosa ci riuniamo a casa di Giles Wright. Un possibile nuovo collaboratore. L'indimenticato autore de «Gli ii» di cui si persero le tracce. Era un raffinato, viveva in un lussuoso appartamento ai Parioli, veniva da «Zut». Quelli di «Zut» (a parte il grande Piero Lo Sardo) ci squadravano dall'alto in basso, ci consideravano (se ci consideravano) dei fratellini minori un po' cretini. Loro erano più attrezzati teoricamente, più navigati, targati ex poteroperaio. Molto meno interessati alle arti. Con Giles elaboriamo l'idea di un editoriale che sia una specie di ricetta di cucina. Come cuocere l'università della Sapienza, mangiarla e digerirla. Superarla. Vogliamo un giornale più meditato formalmente, meno agitato, a prima vista strutturato come uno di quei giornali politici pieni di tesi, analisi, direttive (perciò il titolo serioso: «Materiali»). A ottobre esce a Roma «Star Wars». Ci precipitiamo belli carichi, motivati, fumati. Affamati di nuovi scenari. Per noi è l'illuminazione. Attraversare il tempo e lo spazio, traslocare su altri pianeti, mollare questa terra decrepita, afflitta da conflitti ine-stirpabili, e confrontarci con altre intelligenze, con presenze aliene che non sanno nulla di «forma stato» e «operaio sociale». Altro che zombi, trinariciuti camuffati, commissari del popolo riesumati. Avanzi di un'eterna recita a soggetto, condannati a comportamenti stereotipati a cui non ci interessa più partecipare o anche solo rispondere. «Materiali» risente di questa suggestione: il viaggio inter- stellare, il salto spazio-temporale, lo scenario fantascientico dove l'impersonale diventa un gioco per giubilare ogni scoria hippeggiante. Per “Materiali” aboliamo ogni manualità, ogni disegno, ogni intervento sghembo e confusionale, come quelle lettere trasferibili da tipografi improvvisati (i cosiddetti trasferelli, action transfers o kalkitos)... ora ci interessa il collage, il detournamento di derivazione situazionista, la tradizionale forma giornale-di-partito. E' il nostro modo di superare lo s/partito imposto, imitandolo, capovolgendolo, snaturandolo. Sappiamo di essere rimasti soli, senza più compagni di viaggio, senza più speranza di aver nulla da dire a nessuno. Per questo senso di estraneità e incomunicabilità pubblichiamo l'avviso agli operai della SIR di Porto Torres affinché leggano Kafka (di cui offriamo la prima puntata, tre righe da «Le Metamorfosi», Il seguito alla prossima. Coitus interruptus. Ex abruptus). Ma in questo vano appello è racchiusa tutta la consapevolezza di non avere un pubblico, di parlare al vento, di stare attraversando un deserto. Culturale, cerebrale, generazionale. Ecco, la nostra è un'avanguardia generazionale, basata sull'età, prima che su un'adesione poetica. Un'avanguardia istintuale, spontaneistica, di massa. Se tutti sono avanguardia nessuno lo è. Quindi ci dibattiamo nel semplice tentativo di lasciare qualche impronta, niente più... Il secondo numero di “Materiali” (dicembre 1977-gennaio 1978) sottolinea la decisione presa, quella di dislocarci ALTROVE. Questa volta torna a collaborare con un piccolo brano anche Carlo Infante, Vincino ci passa un suo disegnino... Ormai è chiaro: gli alieni siamo noi. Non bisogna aspettare le guerre stellari o l'invasione di ultracorpi per averne conferma, siamo noi gli extraterrestri. Ma abbiamo perso il contatto con la base. Anzi, non è che l'abbiamo perso, l'abbiamo staccato volontariamente. Abbiamo decollato" (Pablo Echaurren, «Il mio '77», Gussago, Edizioni dell'Arengario, 2013; pp. 32-25).
"Per Maurizio e me un ennesimo nuovo foglio si profila all'orizzonte: «Materiali». Siamo come quelli che fondando una rivista dichiarano tutti soddisfatti: «Perché diamo vita a questo giornale» e il numero successivo, laconicamente, «Perché ci sciogliamo». Per prima cosa ci riuniamo a casa di Giles Wright. Un possibile nuovo collaboratore. L'indimenticato autore de «Gli ii» di cui si persero le tracce. Era un raffinato, viveva in un lussuoso appartamento ai Parioli, veniva da «Zut». Quelli di «Zut» (a parte il grande Piero Lo Sardo) ci squadravano dall'alto in basso, ci consideravano (se ci consideravano) dei fratellini minori un po' cretini. Loro erano più attrezzati teoricamente, più navigati, targati ex poteroperaio. Molto meno interessati alle arti. Con Giles elaboriamo l'idea di un editoriale che sia una specie di ricetta di cucina. Come cuocere l'università della Sapienza, mangiarla e digerirla. Superarla. Vogliamo un giornale più meditato formalmente, meno agitato, a prima vista strutturato come uno di quei giornali politici pieni di tesi, analisi, direttive (perciò il titolo serioso: «Materiali»). A ottobre esce a Roma «Star Wars». Ci precipitiamo belli carichi, motivati, fumati. Affamati di nuovi scenari. Per noi è l'illuminazione. Attraversare il tempo e lo spazio, traslocare su altri pianeti, mollare questa terra decrepita, afflitta da conflitti ine-stirpabili, e confrontarci con altre intelligenze, con presenze aliene che non sanno nulla di «forma stato» e «operaio sociale». Altro che zombi, trinariciuti camuffati, commissari del popolo riesumati. Avanzi di un'eterna recita a soggetto, condannati a comportamenti stereotipati a cui non ci interessa più partecipare o anche solo rispondere. «Materiali» risente di questa suggestione: il viaggio inter- stellare, il salto spazio-temporale, lo scenario fantascientico dove l'impersonale diventa un gioco per giubilare ogni scoria hippeggiante. Per “Materiali” aboliamo ogni manualità, ogni disegno, ogni intervento sghembo e confusionale, come quelle lettere trasferibili da tipografi improvvisati (i cosiddetti trasferelli, action transfers o kalkitos)... ora ci interessa il collage, il detournamento di derivazione situazionista, la tradizionale forma giornale-di-partito. E' il nostro modo di superare lo s/partito imposto, imitandolo, capovolgendolo, snaturandolo. Sappiamo di essere rimasti soli, senza più compagni di viaggio, senza più speranza di aver nulla da dire a nessuno. Per questo senso di estraneità e incomunicabilità pubblichiamo l'avviso agli operai della SIR di Porto Torres affinché leggano Kafka (di cui offriamo la prima puntata, tre righe da «Le Metamorfosi», Il seguito alla prossima. Coitus interruptus. Ex abruptus). Ma in questo vano appello è racchiusa tutta la consapevolezza di non avere un pubblico, di parlare al vento, di stare attraversando un deserto. Culturale, cerebrale, generazionale. Ecco, la nostra è un'avanguardia generazionale, basata sull'età, prima che su un'adesione poetica. Un'avanguardia istintuale, spontaneistica, di massa. Se tutti sono avanguardia nessuno lo è. Quindi ci dibattiamo nel semplice tentativo di lasciare qualche impronta, niente più... Il secondo numero di “Materiali” (dicembre 1977-gennaio 1978) sottolinea la decisione presa, quella di dislocarci ALTROVE. Questa volta torna a collaborare con un piccolo brano anche Carlo Infante, Vincino ci passa un suo disegnino... Ormai è chiaro: gli alieni siamo noi. Non bisogna aspettare le guerre stellari o l'invasione di ultracorpi per averne conferma, siamo noi gli extraterrestri. Ma abbiamo perso il contatto con la base. Anzi, non è che l'abbiamo perso, l'abbiamo staccato volontariamente. Abbiamo decollato" (Pablo Echaurren, «Il mio '77», Gussago, Edizioni dell'Arengario, 2013; pp. 32-25).