PAPINI Giovanni
[pseudonimo: Gianfalco] (Firenze 1881 - Firenze 1956)
Contro Roma e contro Benedetto Croce. Discorso di Giovanni Papini detto al Meeting futurista del Teatro Costanzi il 21 febbraio 1913
Luogo: Milano
Editore: Direzione del Movimento Futurista
Stampatore: A. Taveggia - S. Margherita 7 - Milano
Anno: s.d. [febbraio 1913]
Legatura: volantino
Dimensioni: 29x23 cm.
Pagine: pp. 4 n.n.
Descrizione: prima edizione.
Bibliografia: Paolo Tonini, «I manifesti del Futurismo italiano», Gussago, Edizioni dell’Arengario, 2011: pag. 38, n. 53.1
Prezzo: € 250ORDINA / ORDER
Il manifesto verrà pubblicato anche su LACERBA Anno I n. 5, Firenze, 1 marzo 1913.
"Io sono un teppista, è arcivero. M'è sempre piaciuto rompere le finestre e i coglioni altrui e vi sono in Italia dei cranî illustri che mostrano ancora le bozze livide delle mie sassate. Non c'è, nel nostro caro paese di parvenus, abbastanza teppismo intellettuale. Siamo nelle mani dei borghesi, dei burocratici, degli accademici, dei posapiano, dei piacciconi. Non basta aprire le finestre - bisogna sfondar le porte. Le riviste non bastano - ci voglion le pedate (...). Tutti gli altri uomini facciano i loro mestieri; lavorino, guadagnino i quattrini, mangino e bevano e pensino agli interessi della città e del paese; ma nel mondo dello spirito, nel mondo dell'intelligenza e dell'arte, non venite a turarci la bocca e ad impedirci il respiro con le vostre fregnacce di servitori d'Iddio e della società (...). La cultura italiana è tremendamente decrepita e professorale: bisogna uscire una buona volta da questo mare morto della contemplazione, adorazione, imitazione e commento del passato se non vogliamo diventare davvero il popolo più imbecille del mondo".
"Io sono un teppista, è arcivero. M'è sempre piaciuto rompere le finestre e i coglioni altrui e vi sono in Italia dei cranî illustri che mostrano ancora le bozze livide delle mie sassate. Non c'è, nel nostro caro paese di parvenus, abbastanza teppismo intellettuale. Siamo nelle mani dei borghesi, dei burocratici, degli accademici, dei posapiano, dei piacciconi. Non basta aprire le finestre - bisogna sfondar le porte. Le riviste non bastano - ci voglion le pedate (...). Tutti gli altri uomini facciano i loro mestieri; lavorino, guadagnino i quattrini, mangino e bevano e pensino agli interessi della città e del paese; ma nel mondo dello spirito, nel mondo dell'intelligenza e dell'arte, non venite a turarci la bocca e ad impedirci il respiro con le vostre fregnacce di servitori d'Iddio e della società (...). La cultura italiana è tremendamente decrepita e professorale: bisogna uscire una buona volta da questo mare morto della contemplazione, adorazione, imitazione e commento del passato se non vogliamo diventare davvero il popolo più imbecille del mondo".