AA.VV.
«La Pop Art / Inchiesta» ARTE OGGI Anno VI n. 21
Luogo: Roma
Editore: N. D.
Stampatore: Tipografia Fonteiana - Roma
Anno: settembre 1964
Legatura: brossura
Dimensioni: 24,5x16,5 cm.
Pagine: pp. 96 [da pag. 1 a pag. 48]
Descrizione: copertina illustrata con la riproduzione in bianco e nero di un'opera di Roy Lichtenstein e composizione grafica dei titoli in nero e rosso, illustrata a due colori, 12 riproduzioni di opere pop in bianco e nero n.t. di Robert Rauschenberg, Claus Oldenburg (2), Jim Dine, George Segal (2), Roy Lichtenstein (2), Martial Raysse, Tom Wesselmann, Jasper Johns, Joe Tilson. Introduzione di Guido Montana, interventi di Giulio Carlo Argan, Rosario Assunto, Alberto Boatto, Enrico Crispolti, Gillo Dorfles, Emilio Garroni, Filiberto Menna, Lamberto Pignotti, Piero Raffa e Marcello Venturoli. Edizione originale.
Bibliografia: N. D.
Prezzo: € 120ORDINA / ORDER
Titolo in copertina: «Cos'è la Pop Art? - Inchiesta».

Altri articoli di Luigi Paolo Finizio, Vinicio Saviantoni, Francesco Guerrieri, Lea Vergine («Espana libre»), servizi sul Convegno di Forte Belvedere («Arte e tecnologia»), sulla XXXII Biennale di Venezia e sulla mostra di Jean Dubuffet a Palazzo Grassi.

"Qualcuno ha spensieratamente accennato alla capacità della Pop Art di inserire un discorso critico all'interno degli attuali dati sociologici. Confesso di restare piuttosto scettico su questa possibilità. Al limite dell'operare estetico vi è un elemento di carattere seletttivo. La grottesca accentuazione della realtà socio-economico-culturale è invece intervento e comportamento solo apparenti (quel che con abusata parola continuiamo a definire «la protesta»). In effetti, nella Pop Art il comportamento non ha addirittura scopo, perché fin nelle premesse accetta una funzione subalterna e amplificatoria nella società dei consumi. La Pop Art non si configura come problema artistico e per dichiarazione dei suoi stessi teorici rifiuta anzi l'artisticità, anche se non ignora i problemi dell'arte contemporanea; è con tuta probabilità una assenza calcolata, una forma d'irrisione alla sua stessa concezione problematica della vita e della cultura, per cui si accettino come definitive la sconfitta dell'individuo e la sua massificazione. Di fronte all'ossessiva presenza dell'oggetto di consumo (allo stato di rifiuto o di mimesi), l'uomo non trova motivi di riflessione e di riscatto, una qualche spinta di liberazione. [...] La Pop Art resta perciò il tentativo meramente pragmatistico e utilitario di codificare una determinata realtà sociale e culturale, lasciando sostanzialmente le cose come sono. Reperendo direttamente - esternamente - negli usi quotidiani, segni ed emblemi di vita (o meglio di sopravvivenza collettiva), si viene a ripudiare, ripeto, lo stesso intervento artistico, ritenuto - benevolmente - una mediazione non necessaria. Questa sorta di oggettivismo integrale corrisponde, più o meno, a una vasta corrente di qualunquismo che affligge la società contemporanea" (dall'introduzione di Guido Montana).