VACCARI Franco
(Modena 1936)
Esposizione in tempo reale - Exposition en temps réel - Austellung in wirklicher Zeit - Exhibition in real time - 36a Biennale di Venezia 1972
Luogo: Pollenza - Macerata
Editore: La Nuova Foglio Editrice, "Il libro come luogo di ricerca"
Stampatore: N. D.
Anno: 1973 (febbraio)
Legatura: legatura editoriale cartonata, dorso in tela nera
Dimensioni: 27,8x21,3 cm.
Pagine: pp. 172 n.n.
Descrizione: copertina con una composizione grafica verticale di 3 frammenti fotografici in bianco e nero inquadrati in cornice. Titoli in nero su fondo bianco e in rosso su fondo giallo. Volume interamente illustrato con fotografie in bianco e nero ricavate dal materiale raccolto durante la performance attuata nell'ambito della XXVI Biennale di Venezia (Venezia, 11 giugno - 1 ottobre 1972). Vaccari invitava i visitatori a fotografarsi tramite una macchina per l'autoscatto e tappezzava con queste fotografie il proprio spazio espositivo. Testo introduttivo di Renato Barilli. Prima edizione.
Bibliografia: N. D.
Prezzo: € 2400ORDINA / ORDER
Sottotitolo in coperina: «La fotografia come azione e non come contemplazione».

"Questo libro chiude un comportamento, o meglio, un processo, una sequenza di comportamenti che, presentati nel quadro dell'ultima Biennale veneziana vi erano potuti apparire come il non plus ultra dell'apertura, dal cedimento all'informe e al casuale. [...] icordiamo la scena iniziale della «sala» di Vaccari, nel padiglione centrale dei «Giardini» veneziani: [...] appena una cabina «photomaton» nell'albore impersonale delle pareti [...]. Solo una scritta plurilingue: «Lasciate una traccia fotografica del vostro passaggio» permetteva di intravedere una regia, ma tenuta come sospesa a mezz'aria. Certo, la diversità era palese e clamorosa , rispetto alle sole cnsuete dell'opera, giacché qui venivano offerti soltanto gli attrezzi per operare, e l'artista si ritraeva discretamente lasciando l'iniziativa al pubblico: «make it yourself». Il pubblico a sua volta poteva rifiutare la palla, cioè decidere di non collaborare oltrepassando in fretta la sala; oppure poteva aderire, e intanto comunicare a Vaccari questa sua adesione riempiendo una cartolina e inviandogliela per posta. Così facendo, era come premere un pulsante, mettere in moto un meccanismo, far scattare un «processo in tempo reale». [...] E' lecito ritenere che ogni visitatore impegnatosi a stare al gioco inviandogli la cartolina sia poi entrato nella cabina e abbia scattato le foto di sé andandole ad appendere alla parete apposita. [...] Vaccari «sapeva» che le foto, come altrettanti ex voto, si sarebbero accunulate sulle pareti con affascinanti ritmi di accumulo, in una sorta di misurazione elementare del tempo. [...] L'occhio fotografico di Vaccari fissava di tanto in tanto la libera crescita degli ex voto, e ora i tempi, gli scatti di quella vasta espansione-ramificazione si possono seguire sul libro nel loro graduale disegnarsi. [...] Il pubblico, in larga parte, ha realmente dimostrato di possedere capacità fantastiche-inventive: dentro la cabina sono nate illuminazioni, giochi, capricci, umori, qualche volta facili e scontati ma più e spesso inediti e di buona lega. Il comportamento ideato da Vaccari si è mutato così in una efficace impresa di promozione estetica [...]. In qualche caso Vaccari ha voluto ribadire la quantità, il "grande numero" delle foto, il loro cadenzato depositarsi, ordinandole in successioni di otto o addirittura di 16 per fila, e in colonne altrettanto numerose dall'alto in basso. [...] Ma in altri casi ha adottato un criterio inverso, soffermandosi su singole immagini, sottoponendole a un processo di ingrandimento. Come infatti c'è un asse orizzontale che lega reciprocamente le varie foto facendo di loro un insieme, così sussiste pure un asse verticale passante per ognuna di esse, il quale permette di considerarle ciascuna come un pianeta a sé, e di intraprendere così un viaggio al loro interno, praticamente illimitato. E' questa la tecnica (e poetica) tipica del «blow up», in cui consisteva tutto il fascino dell'omonimo film di Antonioni. Abbiamo insomma due in-finiti: il primo è quello degli innumerevoli fotogrammi scattati dal pubblico; l'altro è quello che si apre entro ciascuno di quegli stessi fotogrammi" (dal testo introduttivo di Renato Barilli).