ROSSATO Arturo
(Vicenza 1882 - Milano 1942)
CASAVOLA Franco
(Modugno 1891 - Bari 1955)
Il Gobbo del Califfo. Libretto di Arturo Rossato. Musica di Franco Casavola
Luogo: Milano
Editore: G. Ricordi & C. Editori
Stampatore: senza indicazione dello stampatore
Anno: 1929 [maggio]
Legatura: brossura
Dimensioni: 19,8x13,5 cm.
Pagine: pp. 29 (3)
Descrizione: copertina illustrata con un disegno in marron scuro su fondino marron chiaro, testatine e finali in nero n.t. di Giulio Cisari. Libretto dell'opera. Prima edizione.
Bibliografia: Claudia Salaris, «Bibliografia del Futurismo», Roma, Biblioteca del Vascello, 1988: pag. 29 cita lo spartito; AA.VV., «La Metafisica. Gli Anni Venti», Bologna, Grafis, 1980: vol. II pag. 586 copertina dello spartito
Prezzo: € 90ORDINA / ORDER
L'opera, soggetto tratto da «Le Mille e una notte», fu rappresentata per la prima volta il 4 maggio 1929 al Teatro dell’Opera di Roma, direttore d'orchestra Gino Marinuzzi.

Trama. La vicenda è ambientata in una piazzetta di Bagdad. La finestra della casa del Ciabattino è illuminata mentre un giovane canta una melodia d'amore accompagnandosi con il liuto. Al sopravvenire del geloso Ciabattino il giovane fugge via. Passa per strada il Gobbo del Califfo, il buffone di corte, e la Ciabattina annoiata chiede al marito di invitarlo a cena per distrarsi. Il Gobbo accetta l'invito e mangia e beve fino a strozzarsi con una triglia. Marito e moglie lo credono morto e temendo la vendetta del Califfo trasportano il presunto cadavere dietro l'uscio dello studio del Dottore, e lì lolasciano dopo aver suonato il campanello. Il Dottore spaventato lo trasporta a sua volta sul terrazzo di un vicino e questi presso la casa del Mercante, che lo scopre mentre sta arrivando il Visir. Il Mercante viene condannato all'impiccagione ma il Barbiere si accorgge che il Gobbo non è morto ha solo una spina di triglia nella gola. Tolta la spina il Gobbo riprende a respirare e riprende la canzone interrotta seguito dalla folla che inneggia alla gloria di Allah e del Sultano. L'innamorato rientra in scena col suo liuto, si rimette sotto la finestra e riprende la canzone che aveva interrotto ma due guardie lo arrestano e il testo del libretto si conclude così: "Il vecchio canto d'amore segue in istato di arresto il solo canto che vive eterno ed è sempre giovane: quello del popolo".