CAVELLINI Guglielmo Achille
[pseud. GAC] (Brescia 1914 - Brescia 1990)
«La pelle-époque» PLAYBOY Edizione italiana - Anno V n. 11
Luogo: Milano
Editore: Rizzoli
Stampatore: senza indicazione dello stampatore
Anno: novembre 1976
Legatura: N. D.
Dimensioni: 1 fascicolo 28x21 cm.
Pagine: pp. 156 [da pag. 98 a pag. 101]
Descrizione: copertina illustrata a colori con un ritratto fotografico di Marisa Mell. All’interno una intervista di Laura Salza a Cavellini, con 9 immagini fotografiche a colori di Giancarlo Baghetti. Edizione originale.
Bibliografia: AA.VV., «Guglielmo Achille Cavellini», Brescia, Nuovi Strumenti, 1993; sez. «Gac Artista - Bibliografia»
Prezzo: € 120ORDINA / ORDER
“Il settimanale «Panorama» pubblicò una fotografia che mi ritraeva mentre scrivevo sul corpo di Marco [Lucchetti]. Quella fotografia sollecitò la fantasia di Paolo Mosca, il direttore della rivista «Playboy». Inviò a casa mia la giornalista Laura Salza per una intervista: la settimana seguente Giancarlo Baghetti, con un suo aiutante e una giovane modella tedesca, Gabry, bionda e graziosa. [...] La modella, con un seno nudo, le gambe accavallate e scoperte mostrava una giarrettiere ornata di rose rosse. Su un tavolino un secchiello ed una bottiglia di spumante. Brindammo al nostro incontro galante. Poi, lentamente, la spogliai e scrissi la mia storia sul suo corpo. [...] Dopo pochi mesi il numero di Playboy arrivò nelle edicole. Quattro pagine e nove fotografie, mentre scrivo sul corpo della giovane modella tedesca. Gabry era una mia opera d’arte vivente. [...] Ne acquistai 250 copie e ne spedii 200 a persone scelte con oculatezza; firmate da 1 a 200, con qualche mio intervento (adesivo, timbri, ecc.) come si usava per le litografie o i multipli. Erano divenute mie opere d’arte, un mio regalo, per mantenere vivo l’interesse per il mio lavoro artistico, in una società disattenta e frastornata da numerose attrazioni. La considerai una operazione artistica assai interessante, credo nuova in senso assoluto, perché avevo trasformato una rivista in un’opera d’arte. Non era possibile che quel numero di Playboy passasse inosservato e non provocasse qualche reazione anche nlla mia città. Dovetti subire uno scontro piuttosto duro con mio fratello, perché nell’articolo la Salza mi proclamò miliardario. Era il presidente dei commercianti della nostra città. Mi disse di essere stato interrogato da tre giornalisti. Era preoccupato, la notizia poteva arrivare fino agli agenti del fisco” (Guglielmo Achille Cavellini, Vita di un genio, s.l., Centro Studi Cavelliniani, 1989: pp. 47-48).
“Chiari mi confessò di aver rubato a Maurizio Nannucci, un altro artista fiorentino, una mia copia della rivista Playboy, una di quelle firmate da 1 a 200. Gli avevano offerto più di centomila lire. Chiari desiderava possedere una mia opera. Era convinto che presto o tardi sarei entrato nel giro ufficiale delle quotazioni. Sostenne che se fossi stato un artista povero e avessi seguito il normale curriculum dell’artista le mie opere sarebbero già valse milioni. Ma poiché ero considerato un artista ricco, nei miei confronti perdurava una certa diffidenza. Chiari disse che quella situazione psicologica valeva anche per Vaccari e Di Bello (tanto per fare un esempio) perché anch’essi erano considerati degli artisti benestanti” (Guglielmo Achille Cavellini, «Vita di un genio», s.l., Centro Studi Cavelliniani, 1989: pag. 52).
“Chiari mi confessò di aver rubato a Maurizio Nannucci, un altro artista fiorentino, una mia copia della rivista Playboy, una di quelle firmate da 1 a 200. Gli avevano offerto più di centomila lire. Chiari desiderava possedere una mia opera. Era convinto che presto o tardi sarei entrato nel giro ufficiale delle quotazioni. Sostenne che se fossi stato un artista povero e avessi seguito il normale curriculum dell’artista le mie opere sarebbero già valse milioni. Ma poiché ero considerato un artista ricco, nei miei confronti perdurava una certa diffidenza. Chiari disse che quella situazione psicologica valeva anche per Vaccari e Di Bello (tanto per fare un esempio) perché anch’essi erano considerati degli artisti benestanti” (Guglielmo Achille Cavellini, «Vita di un genio», s.l., Centro Studi Cavelliniani, 1989: pag. 52).