D'ANNUNZIO Gabriele
(Pescara 1863 - Gardone Riviera, Brescia 1938)
L'urna inesausta
Luogo: s.l. (Fiume)
Editore: N. D.
Stampatore: senza indicazione dello stampatore
Anno: s.d. [ma 20 dicembre 1919]
Legatura: foglio stampato al recto e al verso
Dimensioni: 40,5x27,8 cm.
Pagine: N. D.
Descrizione: Volantino originale.
Bibliografia: Elena Ledda, «Catalogo dei documenti fiumani conservati al Vittoriale degli Italiani», Gardone Riviera, Fondazione Il Vittoriale degli Italiani, 1989: pag. 445, n. 27
Prezzo: € 250ORDINA / ORDER
Ne esistono esemplari senza data.
"Perché io ho chiesto il voto solenne del popolo prima di porre la mia sanzione su ciò che fu deliberato dal Consiglio? (...) Il 24 di ottobre, nel mio discorso al popolo, io affermai quali fossero per noi i termini giusti. Dissi che senza Idria, senza Postumia, senza il nodo ferroviario di San Pietro, senza Castelnuovo, il confine resterebbe aperto a tutte le insinuazioni e a tutte le violenze; e che non solo Fiume ma tutta la Venezia Giulia sarebbe ridotta una «boccheggiante agonia italiana dentro un cerchio spietato». Tutto il popolo si sollevò in un consentimento unanime. (...) Il 14 di novembre noi sbarcammo a Zara per opporci alla ignominiosa intimazione wilsoniana contenuta nel documento a me noto e da me reso pubblico. Il 15 di novembre ritornammo da Zara sopra una nave inghirlandata e fummo accolti dall'allegrezza trionfale di tutto il popolo. L'impresa era stata compiuta per obbedire alla volontà di Fiume che fu sempre «contro il baratto». Dalla ringhiera dissi «Consentireste voi che la servitù dei Dalmati fosse il prezzo della salvezza di Fiume?». Mi rintrona tuttavia nell'anima il grido del popolo: «Mai! Mai!». (...) Ora queste proposte rompono di nuovo l'unità: non considerano se non Fiume e il suo territorio immediato. (...) Questo è un trattato glorioso per colui che lo firma come un capo di stato? Ma io, che ho gettato ai vostri piedi tutto quello che mi rimaneva dopo quattro anni di guerra, getto ai vostri piedi anche questa gloria. E non è che poca cosa: una gloriola. Per questo trattato, Fiume è salva, l'Italia è salva. Lo credete voi, nel vostro intimo? (...) Comprendete e piangete la mia angoscia, e quella dei legionarii. (...) Era necessario che il popolo, se le nostre vite e le nostre armi non più gli parevano necessarie a garantire l'esecuzione dell'impegno, lo dicesse senza ambiguità e senza indugio. Soltanto il plebiscito, sinceramente attuato, poteva placare gli animi ed evitare tumulti quando fosse ritenuta giusta - dinanzi alle promesse e agli agi - la partenza di tutti i fratelli devoti che serberanno per sempre l'orgoglio di essere inscritti nella legione fiumana. Il plebiscito fu proposto, fu decretato, non per la discordia ma per la pacificazione, non per un gioco di equivoci ma per una ricerca di verità. (..) Fiumani, ora e sempre, una sola è la vostra urna: quella della vostra vecchia insegna, quella della vostra anima eroica, che versa la fede e l'amore inesauribilmente. A quella sola io e i miei compagni abbiamo bevuto e vogliamo bere...".
ALTRO ESEMPLARE: Esemplare datato ma con errore di stampa: «Fiume d'Italia, il 20 Dicembre 191» anziché «1919». [NON DISPONIBILE - IN COLLEZIONE]
"Perché io ho chiesto il voto solenne del popolo prima di porre la mia sanzione su ciò che fu deliberato dal Consiglio? (...) Il 24 di ottobre, nel mio discorso al popolo, io affermai quali fossero per noi i termini giusti. Dissi che senza Idria, senza Postumia, senza il nodo ferroviario di San Pietro, senza Castelnuovo, il confine resterebbe aperto a tutte le insinuazioni e a tutte le violenze; e che non solo Fiume ma tutta la Venezia Giulia sarebbe ridotta una «boccheggiante agonia italiana dentro un cerchio spietato». Tutto il popolo si sollevò in un consentimento unanime. (...) Il 14 di novembre noi sbarcammo a Zara per opporci alla ignominiosa intimazione wilsoniana contenuta nel documento a me noto e da me reso pubblico. Il 15 di novembre ritornammo da Zara sopra una nave inghirlandata e fummo accolti dall'allegrezza trionfale di tutto il popolo. L'impresa era stata compiuta per obbedire alla volontà di Fiume che fu sempre «contro il baratto». Dalla ringhiera dissi «Consentireste voi che la servitù dei Dalmati fosse il prezzo della salvezza di Fiume?». Mi rintrona tuttavia nell'anima il grido del popolo: «Mai! Mai!». (...) Ora queste proposte rompono di nuovo l'unità: non considerano se non Fiume e il suo territorio immediato. (...) Questo è un trattato glorioso per colui che lo firma come un capo di stato? Ma io, che ho gettato ai vostri piedi tutto quello che mi rimaneva dopo quattro anni di guerra, getto ai vostri piedi anche questa gloria. E non è che poca cosa: una gloriola. Per questo trattato, Fiume è salva, l'Italia è salva. Lo credete voi, nel vostro intimo? (...) Comprendete e piangete la mia angoscia, e quella dei legionarii. (...) Era necessario che il popolo, se le nostre vite e le nostre armi non più gli parevano necessarie a garantire l'esecuzione dell'impegno, lo dicesse senza ambiguità e senza indugio. Soltanto il plebiscito, sinceramente attuato, poteva placare gli animi ed evitare tumulti quando fosse ritenuta giusta - dinanzi alle promesse e agli agi - la partenza di tutti i fratelli devoti che serberanno per sempre l'orgoglio di essere inscritti nella legione fiumana. Il plebiscito fu proposto, fu decretato, non per la discordia ma per la pacificazione, non per un gioco di equivoci ma per una ricerca di verità. (..) Fiumani, ora e sempre, una sola è la vostra urna: quella della vostra vecchia insegna, quella della vostra anima eroica, che versa la fede e l'amore inesauribilmente. A quella sola io e i miei compagni abbiamo bevuto e vogliamo bere...".
ALTRO ESEMPLARE: Esemplare datato ma con errore di stampa: «Fiume d'Italia, il 20 Dicembre 191» anziché «1919». [NON DISPONIBILE - IN COLLEZIONE]