BONARDI Arturo
Principj e Norme di Buona Creanza. Con appunti d'igiene per i seminari in conformità delle istruzioni pontificie. Seconda edizione.
Luogo: Firenze
Editore: Libreria Editrice Fiorentina
Stampatore: Scuola Tipografica Salesiana - Firenze
Anno: 1911
Legatura: brossura
Dimensioni: 19,2x12,5 cm.
Pagine: pp. XXIII (1) - 147 (1)
Descrizione: titolo in rosso e nero in copertina. Timbro di biblioteca estinta in copertina. Seconda edizione, riveduta e aumentata.
Bibliografia: Luisa Tasca, «Galatei. Buone maniere e cultura borghese nell’Italia dell’Ottocento», Firenze, Le Lettere, 2004: pag. 212 per l'edizione del 1908
Prezzo: € 30ORDINA / ORDER
Opera pubblicata per la prima volta nel 1908.
“Il comportamento educato non era mai semplicemente indice di raffinatezza o di urbanità appresa e messa in pratica nelle occasioni sociali, ma veniva considerato il riflesso esterno della moralità, del carattere e della virtù dell’individuo. (...) Se Bonardi definiva la creanza come il «riflesso della bontà e bellezza dell’anima ne’ costumi umani», che si scorge « a prim’occhio, che diversamente non si concepirebbe come pregio dell’animo», Cipani intendeva le buone creanze come gli «ornamenti di cui si abbella un’anima virtuosa, come una graziosa corona di fiori, che circonda un cuore ben fatto. Diversamente da Gioia, il quale non aveva chiarito il rapporto tra «pulitezza» e sentimenti, gli autori di galatei morali consideravano il galateo un modo per abbellire un’anima ben fatta, la manifestazione esterna di qualità interiori” (Luisa Tasca, «Galatei. Buone maniere e cultura borghese nell’Italia dell’Ottocento», Firenze, Le Lettere, 2004: pag. 111).
“Il comportamento educato non era mai semplicemente indice di raffinatezza o di urbanità appresa e messa in pratica nelle occasioni sociali, ma veniva considerato il riflesso esterno della moralità, del carattere e della virtù dell’individuo. (...) Se Bonardi definiva la creanza come il «riflesso della bontà e bellezza dell’anima ne’ costumi umani», che si scorge « a prim’occhio, che diversamente non si concepirebbe come pregio dell’animo», Cipani intendeva le buone creanze come gli «ornamenti di cui si abbella un’anima virtuosa, come una graziosa corona di fiori, che circonda un cuore ben fatto. Diversamente da Gioia, il quale non aveva chiarito il rapporto tra «pulitezza» e sentimenti, gli autori di galatei morali consideravano il galateo un modo per abbellire un’anima ben fatta, la manifestazione esterna di qualità interiori” (Luisa Tasca, «Galatei. Buone maniere e cultura borghese nell’Italia dell’Ottocento», Firenze, Le Lettere, 2004: pag. 111).