D'AMICO Tano
(Filicudi, Isole Eolie 1942)
[1974-09-00-CA-04] Roma 1974 - San Basilio
Luogo: San Basilio, Roma
Editore: N. D.
Stampatore: N. D.
Anno: 1974 (settembre)
Legatura: N. D.
Dimensioni: 18x24 cm.
Pagine: N. D.
Descrizione: fotografia originale titolata, datata e firmata. Stampa di epoca successiva a cura dell'autore (ca. 1980).
Bibliografia: Pubblicata in: LOTTA CONTINUA, Anno VI n. 9, Roma, 14 gennaio 1977: pag. 4; Tano D'Amico, «Con il cuore negli occhi», Roma, Edizioni Kappa, 1982; n. 60
Prezzo: € 400ORDINA / ORDER
"La lotta per il diritto alla casa era molto forte a Roma quando, il 5 settembre, nella borgata di San Basilio, all'estrema periferia est della capitale, la polizia interviene con un ingente schieramento, iniziando a sgomberare le quasi 150 famiglie che da circa un anno occupavano altrettanti appartamenti IACP in via Montecarotto e via Fabriano. L'incontro fra la decisa opposizione popolare agli sfratti e la volontà dei militanti della sinistra rivoluzionaria di difendere una delle più estese occupazioni in atto nella città, portò a organizzare una dura resistenza, che sfociò in vere e proprie battaglie di strada. Fin dalle prime ore del mattino di venerdì vengono erette barricate agli ingressi del quartiere con pneumatici, vecchi mobili e oggetti di tutti i tipi. La polizia, accolta da sassi, bottiglie incendiarie, bulloni lanciati con le fionde, spara centinaia di lacrimogeni, ma nel pomeriggio è costretta a sospendere gli sfratti. Sabato, mentre gli occupanti hanno ripreso tutti gli appartamenti, e una loro delegazione si è recata in pretura e allo IACP, vengono di nuovo tentati gli sgomberi. Questa volta a resistere ci sono centinaia di manifestanti affluiti da tutta la città, tra i quali numerosi membri di consigli di fabbrica. La giornata trascorre in un susseguirsi di "tregue", accordate dalla polizia a Lotta Continua, che gestisce l'occupazione, per dare spazio a quella che si dimostrerà una trattativa-truffa, con l'unico scopo di prendere tempo e fiaccare il forte schieramento proletario. La delegazione rientra a San Basilio con un accordo di sospensione degli sfratti fino al lunedì mattina. Nonostante ciò, domenica 8 i poliziotti irrompono di nuovo nelle case occupate intimidendo le famiglie e abbandonandosi ad atti di vandalismo. Riprendono gli scontri. L'assemblea popolare nella piazza centrale della borgata, organizzata per le 18 dal Comitato di Lotta per la casa di San Basilio, viene caricata con lacrimogeni sparati ad altezza d'uomo. Nella battaglia che segue, mentre un plotone di polizia è costretto a ritirarsi, da un altro vengono sparati numerosi colpi di arma da fuoco. Fabrizio Ceruso, 19 anni, militante del Comitato Proletario di Tivoli, organismo dell'Autonomia Operaia, è colpito in pieno petto da una pallottola. Caricato su un taxi, giungerà senza vita n ospedale. Alla notizia della morte del giovane comunista tutto il quartiere scende in piazza. La rabbia esplode in modo violento. I pali dei lampioni vengono divelti e le strade rimangono al buio. Questa volta è la polizia ad essere presa di mira da colpi di arma da fuoco sparati in strada e dalle case. Otto poliziotti, tra i quali un capitano, rimangono feriti, alcuni in modo grave. Brevi scontri isolati si accendono fino a tarda notte. Il giorno seguente avranno inizio le trattative per le assegnazioni di alloggi alle famiglie d San Basilio e agli occupanti di Casalbruciato e Bagni di Tivoli" (Alfredo Simone).
“Se ci imbattiamo in una visione terribilmente triste di esseri umani e fra tutti questi esseri umani di vivo c'è solo un lampo degli occhi, una mano che stringe una barra di cancello, una mano che ne cerca un'altra che magari non c'è, per tentare l'abbozzo di un picchetto dobbiamo far vedere questi attimi, questi momenti. Se non li vediamo subito, dobbiamo cercarli e dobbiamo trovarli perché ci sono e sono la nostra vita. Sullo squallore ci sono già mille avvoltoi che si fermano. Alcuni forse senza cattiveria, per casualità, per per ignoranza, per disinteresse. [...] Agli inizi della mia carriera di fotografo di fogli rivoluzionari, quando arrivavo in un posto, le cose molto appariscenti erano già capitate, ed ho dovuto per forza fare caso a questa che forse è l'attualità più vera. [...] Di una situazione noi non possiamo dare solo delle foto di nuda cronaca. Ci pensano gli altri. Quello che vediamo manca sempre. non sono delle foto nostre. Che dicano appunto quello che noi vogliamo dire e che ci dicano quello che ci serve. Fare delle foto in generale, di cronaca o non di cronaca, è facile, ma penso che noi per il nostro lavoro abbiamo bisogno di qualcosa di più. Faccio qualche esempio: quando lavoro a Roma e mi imbatto in uno sgombero di case, c'è sempre qualche collega che è arrivato prima e, memore di qualche vecchio episodio che ci ha coinvolto in passato, si sente in dovere di dirmi “a che punto siamo?”. Da questa parte, vicino al filo spinato c'è un bambino in una culla di plastica, più in là i carabinieri hanno bloccato le donne... Una foto con una fila di carabinieri in piedi e una fila di donne esauste sedute sul bordo del marciapiede ci interessa fino a un certo punto. Aspettiamo. Una donna si alza, assume un ategiiamento, uno sguardo nostri. E' la nostra foto. Inquadriamo in modo che tutto questo si veda. Così anche per il bambino nella culla di plastica vicino al filo spinato. Aspettiamo. La madre fronteggia due brigadieri (la Benemerita e la PS danno un sottufficiale per uno) che vogliono toglierla di lì. Non sarà difficile cogliere un atteggiamento esemplare” (Tano D'Amico, «Ma le fotografie non sono figurine» LOTTA CONTINUA, Anno VI n. 9, Roma, 14 gennaio 1977: pag. 4).
“Se ci imbattiamo in una visione terribilmente triste di esseri umani e fra tutti questi esseri umani di vivo c'è solo un lampo degli occhi, una mano che stringe una barra di cancello, una mano che ne cerca un'altra che magari non c'è, per tentare l'abbozzo di un picchetto dobbiamo far vedere questi attimi, questi momenti. Se non li vediamo subito, dobbiamo cercarli e dobbiamo trovarli perché ci sono e sono la nostra vita. Sullo squallore ci sono già mille avvoltoi che si fermano. Alcuni forse senza cattiveria, per casualità, per per ignoranza, per disinteresse. [...] Agli inizi della mia carriera di fotografo di fogli rivoluzionari, quando arrivavo in un posto, le cose molto appariscenti erano già capitate, ed ho dovuto per forza fare caso a questa che forse è l'attualità più vera. [...] Di una situazione noi non possiamo dare solo delle foto di nuda cronaca. Ci pensano gli altri. Quello che vediamo manca sempre. non sono delle foto nostre. Che dicano appunto quello che noi vogliamo dire e che ci dicano quello che ci serve. Fare delle foto in generale, di cronaca o non di cronaca, è facile, ma penso che noi per il nostro lavoro abbiamo bisogno di qualcosa di più. Faccio qualche esempio: quando lavoro a Roma e mi imbatto in uno sgombero di case, c'è sempre qualche collega che è arrivato prima e, memore di qualche vecchio episodio che ci ha coinvolto in passato, si sente in dovere di dirmi “a che punto siamo?”. Da questa parte, vicino al filo spinato c'è un bambino in una culla di plastica, più in là i carabinieri hanno bloccato le donne... Una foto con una fila di carabinieri in piedi e una fila di donne esauste sedute sul bordo del marciapiede ci interessa fino a un certo punto. Aspettiamo. Una donna si alza, assume un ategiiamento, uno sguardo nostri. E' la nostra foto. Inquadriamo in modo che tutto questo si veda. Così anche per il bambino nella culla di plastica vicino al filo spinato. Aspettiamo. La madre fronteggia due brigadieri (la Benemerita e la PS danno un sottufficiale per uno) che vogliono toglierla di lì. Non sarà difficile cogliere un atteggiamento esemplare” (Tano D'Amico, «Ma le fotografie non sono figurine» LOTTA CONTINUA, Anno VI n. 9, Roma, 14 gennaio 1977: pag. 4).