Ho chiuso il tuo libro.
E adesso la Gorgone che ti ritrae dalla copertina guarda anche me. E’ l’immagine che hai battezzato con il sangue mestruale e sta nella tua stanza davanti al letto.
Leggo le recensioni: la gran parte sottolinea un certo ironico disincanto, come se il Wukabi non ci riguardasse. Ma è normale: l’epoca dello spettacolo esorcizza il mondo oscuro, ritiene che il pubblico voglia divertirsi senza eccessive complicazioni. Parla l’indemoniato che San Michele trafiggerebbe: “Dillo là fuori, dillo a tutti. La mancanza di amore si deve curare con l’amore”. I piani di lettura si moltiplicano e non li voglio soppesare, voglio stare nel flusso.
La signora Meraviglia da una parte è l’ambita cittadinanza, dall’altra, letteralmente, Wezero Dinkinesh, la mediatrice che aiuta a comprendere la prepotenza del Wukabi, consigliando di aderire ai suoi comandamenti, le cui ragioni affondano nella storia e nel destino della stirpe. La signora Meraviglia. Sì, si capisce, già è un problema fare il passaporto, figuriamoci una richiesta di cittadinanza. Sarebbe una meraviglia se tutto si risolvesse con una domanda e una risposta. L’inferno di un iter burocratico risulta ridicolo solo se viene felicemente risolto: altrimenti sono cazzi tuoi. Non c’è niente di meraviglioso in una concessione ministeriale pur coronata dal lieto fine.
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Ho chiuso il tuo libro e tra le righe sono rimasti impigliati frammenti della mia vita. Niente di strano. Un buon libro sempre ci riguarda, suggerisce domande. Non appartengo a una etnia eritrea, somala o araba. E posso dire con relativa certezza di non essere il contenitore di un’anima più o meno bella. Dall’adolescenza in poi ho sempre pensato di essere bello, molto bello così, senza un’anima. Ma quelle parole a me straniere, quel loro suono e le immagini che suscitano, i riti a cui alludono, il sangue e la carne trovano una eco. I capretti non sanno che saranno sgozzati, d’altra parte gli dei da sempre chiedono sangue. Sono parole che chiamano dal mondo oscuro e il libro ne è denso. La parola che più ricorre è la somala hooyo (mamma): contiene tutti i sentimenti, tutti i bisogni, ha mille nomi e nessuna etnia. Hooyo, invochi quando subisci violenza, quando hai perduto ogni speranza, quando stai per morire. Hooyo la tenerezza, la comprensione, la fedeltà. Hooyo non teme di misurarsi con l’orrore, ti accoglie anche se l’hai tradita, se l’hai abbandonata: Abebech capisce che sua figlia Maryam è posseduta dall’equivoco, dal demone idiota che fa della razza il principio di un discrimine. Hooyo che ti ha portato dentro e ti ha messo al mondo, è custode della tua diversità. Se l’hai delusa, se l’hai maltrattata, se le hai fatto del male, tutto questo non conta, ti accoglierà come sempre quando ritornerai nell’urgenza disperata d’amore.
Ciascuno deve fare i conti col proprio Wukabi. E’ la materia di cui siamo fatti, il destino della finitudine, sorella nostra morte corporale, da la quale nullu homo pò scappare. Ed è la nostra violenza, l’irriducibile ferocia di sopravvivere, il desiderio di vendetta, di potere, di dominio. E’ anche l’amore di cui siamo capaci. Col Wukabi non si viene a patti: è una lotta per la signoria di sé. Quanto dovremo patire per divenire degnamente umani? Quanti gli scorni, le illusioni, i fraintendimenti?
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Quel biennio 2020/2022 dell’imbecillità fatta scienza, quando gli amici ti hanno voltato le spalle, quando le persone di cui ti fidavi ti hanno tradito, in quei giorni al telefono la tua voce tremava. Ti ha salvato l’amore, hooyo non ti ha mai abbandonato. Allora hai cercato la bellezza possibile dov’era sprofondata, perché anche questo c’è nel mondo oscuro. A differenza di Abebech non hai accontentato il tuo Wukabi. Le razze esistono, ciascuna con la propria storia e i propri colori, ognuno di noi ne ha tatuate probabilmente più di una nel proprio corpo, ma nessuno di noi è proprietà di qualunque razza, stirpe o patria, non è quella la sostanza di cui siamo fatti, ma solo il nostro fare e volere pagando tutti i prezzi che ci sono da pagare. E la Gorgone che ti guarda è ora sorpresa, non immaginava di cosa tu fossi capace. No che non è beffardo lo sguardo in copertina, piuttosto meravigliato, hai spezzato una catena. Ti sei salvata dall’orrore che trasforma i sentimenti in cose, le donne e gli uomini in persone, la gioia di vivere in diritti di cittadinanza. Possiamo salvarci tutti. La Signora Meraviglia sei tu, cara regina di Saba.